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Castellina

Le antiche località di Limite e della Castellina formano oggi un’unica frazione, parte del comune di Capraia e Limite. La storia di questi insediamenti risale all’Alto Medioevo quando in prossimità della riva destra del primo grande meandro del fiume Arno a valle della Gonfolina erano concentrati gli interessi di famiglie aristocratiche di origine pistoiese e del vescovo stesso di quella città. Nella carta leonardiana della collezione del Castello di Windsor RL 12685 che rappresenta questa parte dell’Arno Leonardo riporta presso uno dei meandri, poco sopra Capraia, un centro turrito contrassegnato dal toponimo castellina mentre non vi è traccia della comunità di Limite, che al tempo era addensata attorno alla chiesa di San Lorenzo.

La località in riva all’Arno che fin dall’Alto Medioevo era indicata con il nome di Limite doveva essere in origine parte dei possessi dei conti Guidi in partibus Greti. Nell’anno 957 il conte Guido, figlio del defunto conte Tegrimo, dona alla canonica della cattedrale pistoiese di San Zeno una casa et res massaricia. Nel secolo successivo la potente istituzione pistoiese riceve ancora cospicue donazioni di beni in quella zona, fra cui una clausura, una tenuta con residenze, terre e vigneti chiusa da un fossato e da un recinto (fossa et cesa circumdata). Fra i testimoni dell’atto si trova un personaggio noto, Rodulpho b.m. Petri, che a quel tempo aveva il possesso del castello di Bacchereto ed apparteneva ad una delle famiglie pistoiesi legate al vescovo. Nel 1080 è documentata l’esistenza di un mulino in loco limite anch’esso parte del complesso dei beni della cattedrale pistoiese. La pieve di Limite, documentata dall’inizio del XII secolo, apparteneva alla diocesi di Pistoia. Nel famoso memoriale il vescovo Ildebrando rammenta le decime che da tempo erano dovute al vescovado. Fra i personaggi che vengono citati si trovano anche i figli di Rudolfino di Rodolfo, i già citati nobili di Bacchereto.
In questa località si trovava una delle pievi più lontane della diocesi di Pistoia, la plebs de Limite. Il primo documento che la ricorda è del 1132 e nei documenti successivi risulta intitolata a Santa Maria. La pieve di Santa Maria Assunta, radicalmente trasformata fra Sette e Ottocento, si trova nella frazione di Limite Sull’Arno in Piazza Don Valiani, nei pressi del rione che porta il nome di Castellina. Nel contiguo Oratorio della Santissima Trinità si trova un dipinto che rappresenta appunto la SS. Trinità con donatore attribuito a Giovanbattista Naldini (1537-1591) che fu allievo del Pontormo. Dalla parte opposta dell’abitato attuale di Limite si trova un’altra chiesa, San Lorenzo, documentata anch’essa nel Trecento come dipendente dalla pieve di Santa Maria ma ritenuta la più antica plebs de Limite. Si conserva in forme assai tarde nella piazzetta di San Lorenzo che si trova in una delle parti più antiche della frazione di Limite.
La Castellina, oggi piccolo rione dell’abitato di Limite Sull’Arno, non compare nelle fonti se non dai primi decenni del Duecento quando Castellina iusta Arnum è uno dei comuni rurali del districtus pistoiese. A quel tempo Castellina si trova decisamente sul confine fra le zone controllate dalle due città di Pistoia e Firenze. Sappiamo infatti che il territorio dell’antico castello di Collegonzi ceduto a Firenze dai conti Guidi nel 1254 confinava con il territorio di Castellina, allora sotto Pistoia. Le carte pistoiesi confermano il possesso di questo importante baluardo sull’Arno: nell’ultimo quarto del Duecento, assieme al castello di Castra e a Popigliana, Castellina dipendeva dalla giurisdizione del podestà pistoiese con sede nel castello di Vitolini. E come il castello di Vitolini, al tempo in cui la zona di Greti divenne una delle aree più sensibili nella guerra con cui Lucca e Pistoia tentavano di frenare la spinta di Firenze, anche la Castellina entrò a far parte del contado fiorentino. Dopo il 1329, anno della pace stipulata fra Firenze e Pistoia, la parte pistoiese del Montalbano che comprendeva, fra gli altri, i castelli di Carmignano, Artimino, Bacchereto, Vitolini e Castellina divenne di fatto parte contado della città di Firenze. Ed è probabilmente nel quadro del potenziamento dei luoghi forti messo in campo dalla città nel corso del Trecento in questo settore del Valdarno Inferiore che si deve immaginare la messa a punto delle difese della Castellina iusta Arnum.
Nella famosa mappa a volo d’uccello della collezione Windsor Castle (RL 12685) su uno dei contrafforti meridionali del Montalbano si riconosce nitidamente il toponimo castellina riferito ad un insediamento che Leonardo raffigura come un castello affacciato su una delle anse dell’Arno. Effettivamente nel tratto a valle di Capraia il fiume formava due grandi meandri che raggiungevano su un lato la Castellina e sul lato opposto Pontorme che si trovano disegnate in molte delle piante di Leonardo dedicate alla Valle dell’Arno. La Castellina di Leonardo appare ben fortificata, dotata di una cinta muraria scandita da torri rompitratta. Oggi di quelle strutture non rimane traccia: del castello trecentesco della Castellina rimane dunque solo l’immagine che Leonardo disegnò ai primi del Cinquecento quando il piccolo comune rurale era evidentemente ancora caratterizzato dalle fortificazioni erette su istanza della potente città di Firenze. Di queste fortificazioni troviamo un chiaro riferimento nelle relazioni redatte dagli Ufficiali delle castella impegnati periodicamente nella ricognizione delle difese dei castelli del contado fiorentino. Fra i castelli valdarnesi controllati durante la ricognizione del 1366 si trova infatti, accanto a Capraia e Vitolini, anche la Castellina che doveva dunque già essere dotata di strutture di difesa in muratura.
Nel Basso Medioevo, dunque, la Castellina era un comune rurale inserito nel quadro amministrativo di Firenze mentre Limite era la piccola comunità che faceva capo alla chiesa di San Lorenzo, in riva all’Arno. Nel catasto fiorentino del 1427 il comune di Castellina risulta composto da 26 nuclei familiari contro i 15 del popolo di San Lorenzo a Limite. Alle soglie dell’età di Leonardo la Castellina e Limite erano dunque due abitati ben distinti dove il primo, nella forma amministrativa del comune rurale, rappresentava il nucleo demico più popoloso. Ancora alla metà del Cinquecento il Repetti ci informa che la Castellina contava 220 abitanti mentre Limite si fermava a 136. L’inversione di tendenza si ha certamente dopo la metà del Cinquecento quando le attività legate alla produzione di imbarcazioni e alla navigazione del fiume divennero il volano dello sviluppo demico di Limite. Le prime testimonianze di navicellai o scafaioli attivi fra Limite e la Castellina risalgono al Quattrocento. Gli abitanti di queste località cominciarono a produrre imbarcazioni esclusivamente per l’esercizio dell’attività di navicellaio ovvero il trasporto sul fiume. L’Arno, infatti, era allora navigabile da Capraia fino al mare e la posizione di Limite risultava centrale e strategica rispetto alle vie commerciali medievali. Inoltre il tratto dell’Arno che scorre davanti a Limite presentava caratteristiche particolarmente favorevoli alla costruzione delle imbarcazioni direttamente sul fiume. Il legname da costruzione dei navicellai-scafaioli limitesi era fornito soprattutto dagli abitanti dei popoli di Castra, Conio, S. Jacopo a Pulignano e Bibbiano. La documentazione archivistica consente di ottenere indizi sulla provenienza dei navicellai che, oltre a dedicarsi al trasporto erano anche “scafaioli” o “calafati”, cioè artigiani specializzati nella lavorazione del legno per la costruzione delle imbarcazioni; quelli che poi saranno i “maestri d’ascia”. Se nella prima metà del Cinquecento si trovano nomi di personaggio provenienti da Castellina, Limiti, Colle e anche Capraia, dalla seconda metà del secolo i navicellai-scafaioli sono per la maggior parte limitesi. La storia di Limite sull’Arno degli ultimi cinque secoli si fonde con quella dell’arte di costruire imbarcazioni: è possibile ripercorrerne le tappe visitando il Centro Espositivo della Cantieristica navale e del Canottaggio di Limite Sull’Arno.

La particolare conformazione dell’Arno nel tratto limitese fu certamente determinante nello sviluppo delle attività legate alla costruzione delle imbarcazioni fluviali. Il fiume, infatti, in quel punto si piegava formando un doppio meandro, il primo dei quali, in corrispondenza della riva di Limite, si allargava in uno specchio d’acqua unico nel suo genere dove le correnti erano pressoché nulle. Questo bacino naturale lungo fiume era perfetto per l’impianto di attività che oggi chiameremmo “cantieristiche”. Il doppio meandro dell’Arno a Limite si vede in molte delle carte della Valle dell’Arno disegnate da Leonardo per il famoso progetto del canale navigabile da Firenze a Pisa come ad esempio il bifoglio Madrid II, 22v-23r o la famosa veduta a volo d’uccello della collezione Windsor Castle (RL 12685). Le numerose immagini leonardiane delle anse del fiume fra Limite e Pontorme precedono di poco le operazioni di rettifica che hanno cancellato il secondo meandro. All’interno del relitto di quella profonda curva del fiume, il paleomeandro ricordato dal toponimo Arnovecchio, si trova oggi un’oasi naturalistica curata dal Centro di Ricerca Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio dove si possono osservare flora e fauna tipici delle aree umide palustri.
Nel 1981, nei pressi di Empoli, è stato rinvenuto il relitto di un navicello per la navigazione del fiume del tutto simile a quello disegnato da Leonardo in una delle carte del Codice Atlantico (f. 27r).

A cura di
Silvia Leporatti
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