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Limite sull'Arno - Centro Espositivo della Cantieristica navale

Il Centro espositivo si trova in Piazza C. Battisti, nella sede storica della Società dei Canottieri di Limite nata nel 1861. Il museo nasce in seno alla società stessa allo scopo di conservare i documenti che sono memoria e storia della tradizionale arte limitese del navicellaio-scafaiolo, l’attività fiorita secoli fa in questo particolarissimo angolo del fiume Arno e che è giunta fino ai giorni nostri. I limitesi praticavano fin dal Basso Medioevo l’attività di costruzione delle imbarcazioni fluviali che utilizzavano soprattutto per il trasporto di merci provenienti dai porti del Tirreno (Pisa e Livorno).

L’abitato di Limite ha origini antichissime ma vede il suo sviluppo maggiore dal XV secolo quando la posizione ottimale ne fa uno dei luoghi in cui meglio poteva impiantarsi l’attività dei costruttori di imbarcazioni e del loro utilizzo a fini commerciali, soprattutto per il trasporto di merci e materie prime lungo il tratto navigabile del fiume, cioè quello a valle della Gonfolina fino ai porti del Tirreno. Limite si affacciava su uno degli ampi meandri dell’Arno che proprio per la particolare assenza di correnti tendeva in quel punto ad allargarsi in uno specchio d’acqua ottimale per la costruzione degli scafi in loco. La materia prima, il legno, era fornita dagli abitanti delle comunità poste poco più a monte come ad esempio il castello di Castra e la villa di Conio che avevano accesso alle selve del Montalbano. Quando Leonardo rappresenta, nelle sue numerose carte, questo tratto dell’Arno rende perfettamente la forma dei meandri generati dal lento corso del fiume dopo la stretta della Gonfolina, fra Limite e la piana empolese (Madrid II, 22v-23r; Windsor Castle RL 12685). I disegni leonardiani dell’Arno limitese, che risalgono ai primi anni del Cinquecento, sono da considerarsi l’ultima immagine di quel particolare andamento del fiume che ha reso possibile la nascita e lo sviluppo di quell’attività che per i secoli successivi ha caratterizzato le frazioni di Limite e Castellina. Solo qualche decennio dopo, infatti, nella seconda metà del secolo, il fiume è stato rettificato attraverso una importante operazione di bonifica che ne ha radicalmente modificato il corso lasciando sul terreno, di fronte a Limite, la traccia del meandro fossile indicato dal toponimo Arnovecchio. Oggi questa zona è una riserva naturalistica che fa parte del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio Onlus dove si possono osservare flora e fauna tipici delle aree umide palustri.
Il centro espositivo ospita una serie di documenti e manufatti che riguardano l’attività cantieristica degli ultimi due secoli. Sono esposti modelli in scala ridotta delle imbarcazioni fluviali che venivano fabbricate nei cantieri limitesi e una collezione di strumenti da lavoro originali fra cui i tipici magli del calafato, ferri per “conciare” i barchetti, pialle, seghetti. È possibile inoltre consultare decine di documenti d’archivio e fonti iconografiche come foto d’epoca di manufatti navali, fasi del lavoro di cantiere e paesaggi dell’Arno limitese e dei suoi abitanti oltre a disegni di progetti di imbarcazioni, depliant pubblicitari dei cantieri navali risalenti agli anni Trenta e molto altro.
Nei pressi di Empoli una eccezionale secca dell’Arno del 1981 ha portato alla luce il relitto di un navicello per la navigazione del fiume straordinariamente ben conservato e del tutto simile a quello disegnato da Leonardo in una delle carte del Codice Atlantico (f. 27r). Gli oggetti del relitto, fra cui un boccale di maiolica arcaica, datano il naufragio dell’imbarcazione alla prima metà del Trecento. Il naufragio fu probabilmente causato dall’esondazione dell’Arno del 1333. Il navicello aveva in dotazione anche un’ascia da calafato per la sistemazione della chiglia in loco e una stadera che indica la funzione di trasporto merci dell’imbarcazione. I reperti, con la ricostruzione in scala del relitto di Empoli, sono esposti nella sezione archeologica del Museo Civico di Fucecchio.
A cura di
Silvia Leporatti
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