Alle pendici del Montalbano disegnato da Leonardo sulla mappa RL 12865 di Windsor si vedono allineati, al di sopra di una delle anse più pronunciate dell’Arno, i centri di Capraia, Castellina e Castra. Quest’ultimo, a differenza degli altri due, assomiglia più ad un semplice agglomerato di case che ad un castello vero e proprio. Tuttavia le fonti scritte bassomedievali si riferiscono a questo insediamento come ad un vero e proprio castrum.
All’inizio del Duecento il piccolo centro di Castra faceva parte del territorio dipendente dalla città di Pistoia. La sua comparsa nelle carte del comune di quella città risale solo al 1222, quando, gli homines de Castra si erano resi colpevoli di azioni di brigantaggio a danno di mercanti fiorentini. La vicenda finì nelle carte pubbliche del comune di Pistoia perché avvenne nel quadro delle azioni di guerra fra le città di Lucca e Pisa: le razzie compiute dagli uomini di Castra vennero sanzionate da Firenze, allora alleata di Lucca contro i Pisani, e il comune di Pistoia, nel cui distretto avvenne l’episodio, dovette ratificare la restituzione delle oltre 700 pelli di vaio sottratte ai mercanti fiorentini. A metà del Duecento il liber focorum -ovvero il registro della popolazione delle circoscrizioni del distretto pistoiese- riporta, per il piccolo comune rurale di Castra, un elenco di 41 “fuochi”, ovvero nuclei familiari residenti in quello che doveva essere già un castello, o lo sarebbe stato comunque entro breve tempo. Ai primi del Trecento, infatti, Castra è chiamato Castrum Castri Vallis Arni, ovvero il “castello di Castra della Valle dell’Arno”, mentre il vicino centro di Conio è definito ancora come villaggio aperto (Villa Conii Vallis Arni). A quel tempo il confine del distretto pistoiese era giunto a comprendere anche i castelli del Montalbano orientale (Carmignano, Artimino e Bacchereto) e il piccolo castello di Castra rappresentò per diverso tempo uno dei capisaldi più tenaci del territorio di quella città. La strada che, superando il crinale del Montalbano, giunge a Castra e poi a Castellina presso Limite Sull’Arno consentiva, fra l’altro, di collegare facilmente la città di Pistoia al Valdarno Inferiore e al fiume.
Per tutto il Duecento il piccolo comune rurale conserva l’inquadramento all’interno del sistema amministrativo pistoiese. Una delle prime rubriche dello Statuto del Podestà del comune di Pistoia (1296) elenca le podesterie del territorio soggetto alla città: per quanto riguarda il Montalbano pistoiese era prevista l’elezione di un unico podestà per i centri di Vitorino, Castraconio, Pupilliana et Castellina Vallis Arni et Colle. Si trattava di organi periferici di governo con funzioni amministrative e militari collocati specialmente nelle zone di confine del distretto cittadino. Ancora nel 1314 i centri più importanti del Montalbano orientale Carmignano, Artimino e Bacchereto- risultano parte del districtum pistoiese, ma le vicende belliche della fine degli anni ’20 del Trecento cambiano radicalmente la linea di confine fra i territori delle città di Pistoia e Firenze. Nel 1329, infatti, Firenze riesce ad insinuarsi in modo significativo entro il blocco pistoiese del Montalbano: il castello di Castra e la vicina villa di Conio, assieme al castello di Lamporecchio, rimangono formalmente con Pistoia mentre i castelli di Carmignano, Artimino, Bacchereto, Castellina e Vitolini entrano ufficialmente nell’amministrazione fiorentina.
All’inizio del Quattrocento la città di Firenze, assunto ormai il definitivo controllo di questo settore del Valdarno, riorganizza le sue circoscrizioni amministrative. Castra e Conio, assieme a quella parte del contado che gravitava più direttamente sulla città di Pistoia e con cui erano più saldi i legami economici, rimasero entro l’organizzazione delle podesterie dell’amministrazione pistoiese che tuttavia andava riconfigurandosi seguendo le riforme in materia amministrativa in atto in quegli anni. La nuova organizzazione degli organi periferici d’inizio Quattrocento prevedeva, in alcuni casi, la riduzione del numero delle podesterie tramite l’accorpamento. Si trattava di una misura volta a rafforzare l’amministrazione, poiché avrebbe agevolato l’assunzione di personale più qualificato, assiduo e competente nella gestione del territorio. Questo tipo di soluzione era volta a facilitare, nella gestione di territori nuovi, il formarsi di una giurisdizione pubblica più forte, che limitasse il ricorso, ancora vivo, alla vendetta privata e ai tumulti. Comunità rurali come Castra accrebbero proprio allora la propria esperienza pubblica con forme locali di amministrazione più ricche ed articolate. Nel 1411 il piccolo centro di Castra si dota, infatti, di un proprio statuto capace di regolare gli aspetti più specifici della realtà locale. Ad esempio, la frangitura di tutta la produzione di olive doveva obbligatoriamente avvenire presso le strutture molitorie della città di Pistoia cui era dovuta, ovviamente, la relativa gabella. In una delle rubriche dello statuto del 1411 viene esplicitamente rammentato, per Castra, il castello: dunque ai primi del XV secolo il piccolo centro demico era ancora dotato delle strutture difensive due-trecentesche.
Castra venne disegnato da Leonardo come un piccolo agglomerato di case in cui forse si possono riconoscere le linee di un abitato fortificato, sebbene di dimensioni minori rispetto ai vicini centri di Castellina e Capraia. Come visto, ancora ai primi del Quattrocento lo statuto del piccolo comune rurale rammenta il castello di Castra: è in questa forma, dunque, che Leonardo lo disegna sulle pendici del Montalbano, in una delle sue più celebri mappe valdarnesi, mentre al contrario il vicino villaggio di Conio non viene raffigurato. La consistenza demica di Castra durante il Basso Medioevo conta un numero di abitanti dell’ordine di poco più di un centinaio di unità. Nell’età di Leonardo l’economia del piccolo centro, posto a diretto contatto con le selve del Montalbano e perfettamente collegato con l’Arno, era orientata all’approvvigionamento di legname per le attività dei navicellai che andavano infittendosi alla Castellina e a Limite, lungo la riva destra del fiume.
A cura di
Silvia Leporatti
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