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Bacchereto

Bacchereto al tempo di Leonardo era un centro di produzione di ceramica smaltata in forte sviluppo. Leonardo conosceva bene questa piccola località posta sul versante del Montalbano opposto a quello del suo paese di origine, Vinci. Nelle sue mappe più famose della Valle dell’Arno riporta anche, sul Montalbano, il disegno di Bacchereto che egli raffigura come un piccolo centro circondato da mura (RL 12685 di Windsor). In effetti la storia di questo minuscolo borgo rinascimentale di fornaciai-ceramisti affonda le sue radici nei secoli centrali del Medioevo, quando Bacchereto era un castello controllato dal vescovo di Pistoia. La zona delle fornaci, sulla viabilità che dal crinale del Montalbano, presso Pietramarina, scende verso Novelleto e Toia, è oggi parte del programma dei percorsi proposti dal Parco Archeologico di Carmignano.

La prima notizia di questo piccolo borgo del Montalbano settentrionale risale all’anno 1138 ma consente di datare l’esistenza del castello e del borgo di Bacchereto al secolo precedente. Nel 1138 Mingarda, vedova di un esponente della nobiltà rurale legata al vescovo di Pistoia, giunta ormai in età avanzata, dona pro redemptione anime al vescovo Atto i castelli e i borghi di Bacchereto e Tizzana. Il documento prosegue dicendo che questo cospicuo complesso di beni era pervenuto alla famiglia di Mingarda per via legale (ex cartula) dal vecchio proprietario, tale Rodulfus. Questo personaggio era vissuto a Pistoia nella prima metà dell’XI secolo ed apparteneva con sicurezza ad uno dei gruppi familiari emergenti della città in virtù dello speciale legame con il vescovo. Il castello e il borgo de Bacareto esistevano quindi già almeno dalla metà dell’XI secolo ed appartenevano ad una delle famiglie dell’entourage vescovile di Pistoia. Nel 1138 l’intera quota del castello e del borgo di Bacchereto viene donata pro remedio anime al vescovo Atto, il santo vescovo che promosse nella sua città, Pistoia, la speciale devozione compostellana per l’apostolo Giacomo. Al tempo di Sant’Atto all’interno del castello di Bacchereto si trovava la chiesa di Santa Maria, allora dipendente dalla pieve pistoiese di Seano.
Durante il corso del Duecento il piccolo castello vescovile viene progressivamente inglobato all’interno del districtus della città di Pistoia anche se, a causa della sua posizione di confine, si trovò in più occasioni coinvolto nei tentativi di Firenze di avanzare oltre il suo limite che, al tempo, coincideva con l’Arno. Alla metà del Duecento Bacchereto è presente, assieme a Carmignano, negli elenchi dei comuni rurali del districtus di Pistoia (Liber Focorum). Con la fine della sanguinosa guerra fra Firenze e Pistoia un atto di parte pistoiese sottoscritto nella piazza del comune di Bacchereto nel 1314 conferma al rappresentante della città di Pistoia il possesso del castello e della comunità degli homines de bacchereto. Tuttavia pochi anni dopo, nel 1329, questa parte del Montalbano comprese Carmignano e Bacchereto passa definitivamente a Firenze. A qual tempo il castello doveva essere ancora ben cinto da mura, come si legge nella descrizione risalente al primo Trecento: “Castrum Bacchareti cum muris merlatis undique et cum una domo pro abitatione notarii dicti castri”. All’interno del circuito murario la chiesa di Santa Maria aveva ormai assunto la dignità plebana: la chiesa castellana è registrata, infatti, come pieve almeno dal 1276.
Nella famosa mappa a volo d’uccello RL 12685 di Windsor Leonardo disegna Bacchereto con un circuito murario che racchiude pochissimi edifici. È possibile che con questo schizzo Leonardo volesse rappresentare quello che al tempo era, probabilmente, il sito dell’antica pieve di Santa Maria ancora circondato dalle mura del castello, come osservato da recenti ritrovamenti archeologici. Anche la pianta tardo-cinquecentesca dei Capitani di parte Guelfa mostra una vasta area aperta, la piazza di Bac[h]ereto, con due olmi al centro, dominata da una piccola altura circolare sede dell’antica pieve. Proseguendo sulla viabilità principale in uscita dalla piazza, a fianco della casa del comune, si saliva verso il crinale del Montalbano, verso San Giusto e Pietramarina, incrociando alcune località di leonardiana memoria: Toia e Fornia.
Leonardo, figlio non legittimo di Ser Piero di Antonio da Vinci, avrebbe trascorso gli anni dell’infanzia e della prima giovinezza affidato alle cure dei nonni paterni e dello zio, nella casa del borgo di Vinci. La nonna Lucia era originaria di Bacchereto ed era figlia, anche lei, di un notaio, Piero di Zoso. Tuttavia la famiglia di origine aveva fatto fortuna attraverso la produzione e il commercio di terraglie, le famose ceramiche di Bacchereto: Zoso, l’antenato più risalente che conosciamo della famiglia della nonna di Leonardo, era infatti un orciolaio. Zoso di Giovanni è ricordato già a Bacchereto nel 1371 e all’inizio del Quattrocento produceva “scodelle di terra” con cui riforniva uno dei più antichi ospedali di Prato. La famiglia della nonna Lucia aveva diverse proprietà a Bacchereto (sicuramente una casa in località Torre), alcune delle quali nella seconda metà del Quattrocento non più utili a questo ramo familiare dedito, oramai, alla pratica notarile. Infatti dopo il padre di Lucia, il notaio Ser Piero di Zoso, anche il fratello di lei, Baldassarre, divenne notaio. Nel 1480 Ser Baldassarre di Ser Piero di Zoso, prozio di Leonardo, dichiarava di possedere ancora, in quel di Bacchereto, una casa in località Toia e un’altra casa “con fornace da orciuoli” in località croce a Toia. Solo due anni dopo questi beni vennero ceduti alla famiglia di Leonardo attraverso un atto di donazione. Si trattava di un complesso di proprietà del valore non trascurabile di 300 fiorini che comprendeva una casa “da signore” e due “da lavoratore” assieme a terre lavoratie (grano e biade), oliveti e vigneti, disseminati nella zona posta poco ad oriente dell’abitato di Bacchereto, lungo la strada che ancora oggi porta il nome di “via di Toia”. Lungo questa strada una lapide apposta su una casa colonica ricorda la “Casa di Toia” che la tradizione vuole riconoscere come la casa della nonna di Leonardo da Vinci.
Leonardo cita un’unica volta Bacchereto nelle sue carte, quando in un appunto in margine ad alcuni disegni di macchine e lo schizzo di un profilo maschile, rammenta il debito di un certo “Francesco d’Antonio in Firenze e compare in Bacchereto” (Codice Atlantico 878v). Leonardo aveva sicuramente frequentato in giovane età Bacchereto, dove si trovavano ancora i parenti della nonna Lucia. Qui, forse, avrebbe potuto cominciare a far pratica nella modellazione dell’argilla (si ricordano le famose teste femminili “di terra” rammentate dal Vasari nelle Vite) e nell’osservazione delle fornaci rammentate in diverse carte dei codici leonardiani (Codice Atlantico ff. 87r e 188r; Madrid II, 142r, 149v, 87v; Libro di Pittura, Carta 22r; Manoscritto di Francia G, f. 47r). Leonardo disegna la parte alta di Bacchereto come doveva apparire al suo tempo, con la pieve di Santa Maria all’interno del minuscolo circuito murario probabilmente ancora ben riconoscibile (RL 12685 di Windsor). Invece in un’altra famosa mappa, la veduta a volo d’uccello della valle dell’Arno (Madrid II ff. 22v-23r), assieme alle consuete località di quel versante del Montalbano (Bacchereto, Carmignano e Verghereto), Leonardo riporta anche la località Fornia. Si tratta di un micro-toponimo che si trovava, al tempo di Leonardo, lungo la strada che dal crinale del Montalbano scendeva verso la casa della famiglia della nonna di Leonardo, in località Toia.
Al tempo di Leonardo, per andare a Bacchereto il valico più naturale era quello che da Anchiano saliva sul Montalbano verso Sant’Alluccio. Tuttavia per raggiungere la zona di Toia si poteva più facilmente scendere dal crinale passando dal valico in prossimità di Pietramarina. Le strade disegnate nelle piante dei Capitani di Parte Guelfa che si vedono scendere dal crinale del Montalbano verso Toia e poi Bacchereto passavano, al tempo di Leonardo, nei pressi della località Fornia. Lungo questa strada sono concentrate tutte le località in cui sono attestate fornaci attive a Bacchereto fra i secoli XIV e XV. Fra queste, anche la zona di Novelleto, dove nel 1974 furono rinvenute grosse quantità di frammenti di ceramica riferibili all’attività di una fornace del XV secolo. Le ceramiche recuperate, già oggetto di una prima esposizione nel museo archeologico di Artimino, costituiscono oggi la collezione del nuovo Antiquarium delle maioliche di Bacchereto allestito nelle cantine dell’antica pieve di Santa Maria.
A cura di
Silvia Leporatti
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