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Vitolini

Vitolini è uno dei borghi del versante meridionale del Montalbano, collocato sul rilievo delimitato dai tributari alti dello Streda e dal rio di Sant’Ansano. Fin dal Medioevo il castello di Vitolini si trovava lungo la strada che dal crinale del Montalbano, in prossimità del valico di Pietramarina, scendeva verso la Valle dell’Arno, presso Spicchio, di fronte a Empoli. Vitolini è documentato dall’inizio del Duecento nelle carte del comune di Pistoia, al tempo in cui apparteneva al districtus di quella città. Leonardo rappresenta Vitolini nella veduta a volo d’uccello della carta RL 12685 di Windsor. È rappresentato sulle pendici del Montalbano, poco sopra Vinci e Sant’Ansano, ed è disegnato come un centro di forma allungata circondato da mura, con quattro torri angolari.

La prima carta che cita Vitolini è un documento pistoiese del 1132, il famoso memoriale del vescovo Ildebrando, che rammenta, fra i debitori del vescovado, anche un presbiter de Vitulini, certamente un chierico della chiesa locale. La piccola comunità di Vitolini raccolta attorno alla chiesa di San Pietro dipendeva spiritualmente dalla pieve di Sant’Ansano in Greti, una delle pievi pistoiesi più distali della diocesi di questa città. La dipendenza di Vitolini da Pistoia, che risale dunque al tempo del legame con il vescovado di San Zeno, si mantenne anche nel secolo successivo quando Vitolini compare nell’elenco dei comuni rurali del districtus pistoiese. Nel Liber Censuum, la raccolta dei primi documenti del comune di Pistoia, vengono descritti diversi percorsi con i quali era possibile andare da Pistoia a Vitorinum. Si apprende infatti che in quell’anno, il 1224, una eccezionale ondata di precipitazioni aveva reso impraticabile la via più breve, quella di Casalguidi per il passo di San Baronto, costringendo i messi comunali ad aggirare la pianura salendo da Serravalle per seguire la strada di mezzacosta del versante meridionale del Montalbano fino a Faltognano e poi a Vitolini. Alla fine del Duecento a Vitolini era prevista la presenza di un podestà, come si legge negli statuti pistoiesi del 1284. Anche Vittorino viene elencato fra i comuni rurali in cui la città doveva inviare l’ufficiale che doveva svolgere funzioni di carattere giurisdizionale, amministrativo e militare (polizia locale). La grande campana della chiesa di Vitolini che reca la data del 1285 è una magnifica memoria della storia più antica di questo borgo del Montalbano. Le campane civiche erano al tempo strumento che regolava la vita civile delle comunità rurali e simbolo stesso dell’identità locale. Sul bel manufatto in bronzo si leggono in caratteri gotici anche i nomi dei suoi artefici, Berardo magister Joannes de Pistorio, artigiani pistoiesi. Recenti studi di settore sulle iscrizioni campanarie due-trecentesche sembrano dimostrare che gli artigiani attivi in loco alla produzione di campane destinate alle comunità rurali provenissero generalmente dalla città, come quelli di Vitolini. È suggestivo il fatto che la campana di Vitolini sia stata realizzata da magistri campanari di Pistoia solo un anno dopo l’istituzione del podestà pistoiese a Vitolini prescritta negli statuti duecenteschi di quella città.
Vitolini non viene mai citato nelle fonti scritte più antiche come castello. Delle sue fortificazioni si ha un’ampia documentazione soltanto a partire dal 1366 ma la dotazione di strutture difensive deve risalire al tempo in cui Vitolini entrò definitivamente nell’orbita di Firenze che da tempo premeva sul confine valdarnese. In quegli anni, come narra il Villani, il passaggio di milizie interessò tutta l’area di Greti e in particolare Vinci, Cerreto e Vettolino (Vitolini). Gli accordi stipulati fra Firenze e Pistoia nel 1329 misero momentaneamente fine alla fase bellica più acuta ma da quel momento in poi Vitolini con Carmignano, Artimino, Bacchereto e Castellina iusta Arni entrarono definitivamente a far parte del contado fiorentino. Ancora per decenni Firenze dovette occuparsi di gestire il perenne stato di guerra di questa linea di confine. È in questo contesto che con ogni probabilità Vitolini venne dotato di un apparato difensivo adeguato alla difesa della popolazione di un territorio tanto instabile. Della struttura materiale del castello si hanno diverse informazioni da una delle periodiche visite effettuate dagli Ufficiali delle castella nel territorio fiorentino. Nel 1366 una lunga ricognizione interessò anche il castello di Vitolini che fu oggetto della revisione degli apparati difensivi. Le mura seguivano l’andamento a fuso del rilievo ed erano dotate di merli e di apparati a sporgere in legno. Avevano due porte di accesso, una sul lato orientale e una su quello occidentale, ricordate negli statuti trecenteschi rispettivamente come porta a Baccigno e porta del Sole. Dalla porta occidentale partiva la strada per Vinci e Faltognano mentre quella orientale conduceva a San Giusto, da dove si poteva scendere sull’altro lato del Montalbano. Alcuni tratti della cortina erano stati occupati sul lato interno da case costruite in aderenza al muro di cinta che gli ufficiali avevano ordinato che fossero dotate esse stesse di camminamenti e bertesche in modo da assicurare la continuità della funzione difensiva del muro di cinta a cui erano appoggiate. Gli statuti testimoniano l’esistenza di un borgo sottostante le ripe del castello, anch’esso cinto da mura. All’intero si trovavano la chiesa di San Pietro e una platea superior, molto probabilmente la piazza del mercatale, l’attuale piazza Mazzinghi, dove fino al secolo scorso si trovava una torre a pianta quadrata. Questo nuovo fortilizio del sistema difensivo del confine fiorentino, come spiega bene la relazione del 1366, funzionava non solo come punto di riferimento per gli abitanti dei dintorni del castello ma anche per le comunità dei popoli di Santa Maria a Collegonzi, San Bartolomeo a Sovigliana e San Donato in Greti. Queste tre comunità dovevano partecipare regolarmente al servizio di guardia e alle spese del castello di Vitolini che dunque funzionava esattamente come castello-rifugio di buona parte della popolazione di Greti.
Quando Leonardo riporta Vitolini sulla nota veduta a volo d’uccello della collezione Windsor Castle (RL 12685) egli disegna un castello turrito cinto da mura, di forma allungata, con quattro torri. La forma di Vitolini di Leonardo è quella che il nuovo castello-rifugio fiorentino aveva assunto attorno alla metà del Trecento e che doveva avere ancora al tempo di Leonardo. Uno schizzo del castello ricco di dettagli è presente anche nella pianta dei Capitani di Parte Guelfa dell’ultimo quarto del Cinquecento. Si legge molto bene la pianta a fuso con le due aperture voltate sugli opposti lati lunghi, la porta a Baccigno in primo piano, sul lato di ponente, e la porta del Sole inglobata nelle abitazioni sorte a ridosso del lato di levante. L’unica torre segnata su questa pianta è quella che si trovava lungo le mura sul lato corto meridionale corrispondente all’edificio turriforme di Corte della Torretta (casa Caparrini). In questo punto prendeva avvio la strada che scendeva verso l’Arno. Vitolini disegnato da Leonardo ai primi del Cinquecento sulla mappa RL 12685 rimane probabilmente quella che meglio rappresenta l’immagine del castello-rifugio voluto da Firenze, una fortezza ben munita del sistema di difesa dell’area di Greti.
La chiesa e il popolo di San Pietro a Vitolini, che probabilmente dipendeva già dal XII secolo dalla pieve di Greti, esiste oggi in forme tarde, dovute alle trasformazioni tardo settecentesche e al restauro del 1940. L’edificio attuale è a navata unica, a pianta rettangolare. La facciata con tetto a capanna è completamente intonacata e appesantita dalla costruzione di un vano a loggia al di sopra del portale d’ingresso realizzato nel Cinquecento. La semplice aula ha la parte presbiteriale rialzata che prende luce da tre monofore chiuse da vetrate istoriate. A partire dal Seicento l’arredo liturgico era stato arricchito da numerosi altari. In totale erano sei, dedicati a Santa Lucia, San Francesco, San Tommaso, oltre al Santo titolare, San Pietro, alla Vergine e alla Visitazione. A seguito del restauro del secolo scorso rimangono solo l’altare di destra dedicato alla Vergine Maria, in pietra serena datato 1754, l’altar maggiore, del 1756, dedicato a San Pietro e l’altare di sinistra, dedicato alla Visitazione, su cui è collocata dal 1631 una pala raffigurante L’incredulità di San Tommaso. Sull’esterno della chiesa si trova il campanile ricostruito alla fine del Settecento. La campana in bronzo, opera dei magistri pistoiesi, è datata 1285.
A cura di
Silvia Leporatti
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