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San Miniato, Barbialla

Il castello disegnato da Leonardo nella mappa RL 12278 di Windsor segnato con il toponimo “barbialla”, nella bassa Val d’Egola, è identificabile con l’antico castello di Barbialla. Leonardo lo raffigura nella forma di centro munito di fortificazioni, strutture che dovevano essere ancora ben riconoscibili ai primi del Cinquecento. Oggi di quelle strutture rimangono pochi resti visibili all’interno della tenuta privata che si trova a poca distanza dal centro di Corazzano, nel comune di Montaione.

La più antica attestazione di questo castello risale all’anno 1108. Il documento in questione, rogato a San Genesio, cita due castelli di proprietà del conte Ugo II, figlio del conte Tedice dei Gherardeschi (de duobus castellis meis) Barbialla e Scopetulo (Barbialla e Scopeto), ceduti per metà in pegno al vescovo di Lucca. All’inizio del XII secolo, dunque, esisteva già sul luogo oggi occupato dalla villa di Barbialla in Val d’Egola un castello, Barbianula, appartenuto alla casata comitale dei Gherardeschi. Questa stirpe, che successivamente sposterà i propri interessi patrimoniali quasi esclusivamente verso la maremma, già durante il secolo XI controllava una serie di centri della Val d’Egola, fra cui, oltre Barbialla, anche i castelli di Scopeto, Collegalli, Pratiglione e Vetrugnano. Al momento dell’atto rogato a San Genesio risulta chiara l’intenzione da parte dei Gherardeschi di regolare i rapporti con il vescovo di Lucca concedendo parte dei diritti che avevano da tempo sulla Val d’Egola a fronte di una maggiore prospettiva di dominio nell’area maremmana (Val di Cecina e Val di Cornia). Qualche decennio dopo il castello di Barbialla è ancora al centro di accordi fra i Gherardeschi e un importante vescovado, stavolta quello volterranno. Nel 1151, infatti, la nuora del conte Ugo II, morto da qualche decennio, cede la quota familiare dei castelli di Barbialla e Scopeto sito in Valle de Bula al vescovo di Volterra Galgano. Questo ramo familiare dei Gherardeschi si radicherà definitivamente durante il XIII secolo nella maremma populoniese, perdendo ogni legame con l’antico possesso della Val d’Egola. Il possesso del vescovo di Volterra su Barbialla veniva confermato in due privilegi imperiali, uno pontificio (1171) e uno imperiale (1186).
Le vicende che videro la presenza degli imperatori svevi in alta Toscana sullo scorcio del secolo XII, particolarmente legati alla città di Pisa, coinvolsero molti dei castelli di questo settore del Valdarno Inferiore, fra cui fra cui Barbialla, Collegalli, Tonda e probabilmente il castello di Pietra. I diplomi imperiali rilasciati nel 1162, 1191 e nel 1206 confermano a più riprese la cessione in feudo di quei castelli alla repubblica di Pisa, sottraendoli di fatto al controllo del vescovo di Volterra e a San Miniato, centro in forte ascesa. L’ampio privilegio concesso agli alleati pisani legittimava le aspirazioni della città ad un vasto ambito territoriale sul quale fino a quel momento non aveva avuto un vero dominio. Si trattava però di un tentativo che non ebbe esito: entro la metà del Duecento San Miniato ottenne nuovamente i castelli della Val d’Egola, oramai parte del districtus che il potente castello imperiale andava consolidando in quegli anni. Da due atti del 1242 e del 1257 risulta, infatti, che il commercio dei cereali prodotti nella curtis del castello di Barbialla dovevano seguire le imposizioni del comune di San Miniato. La storia di questo piccolo castello segue dunque quella di San Miniato che alla fine del Duecento aveva esteso il suo dominio su una vasta area compresa fra le diocesi di Lucca e Volterra, imperniata su una rete di castelli preesistenti di cui non modificò l’assetto ma che utilizzò per controllare il suo territorio. Il districtus sanminiatese comprendeva un ampio settore posto tra la Val d’Egola e la Valdelsa il cui inquadramento ricalcava quello delle curie facenti capo ai castelli esistenti. L’organizzazione del territorio era affidata localmente dagli organi di gestione delle comunità di castello legate a San Miniato da patti di sottomissione. È tuttavia nel corso del trecento che l’assetto politico di questo territorio muta radicalmente. Nel 1369 Firenze, le cui mire sul territorio sanminiatese e sui diritti di transito attraverso la via pisana, la via volterrana e l’Arno erano già evidenti da tempo, istituisce un regime d’occupazione nella rocca sanminiatese, cui seguirono gli atti di sottomissione di tutti i castelli del suo districtus. Barbialla e gli altri castelli del territorio di San Miniato entrano a far parte del contado fiorentino. La ridefinizione delle strutture di governo locale videro l’istituzione di una podesteria con centro a Barbialla da cui dipendevano le comunità di Collegalli, Santo Stefano e Coiano.
Oggi di quel Castello sono visibili alcuni ruderi all’interno della tenuta privata della villa dei primi del Novecento che attualmente ne occupa il sito. Il restauro e la nuova destinazione d’uso della struttura, trasformata negli anni Ottanta del secolo scorso in resort privato, hanno gran parte delle evidenze dell’antico castello dei Gherardeschi. Il piccolo centro murato aveva una chiesa parrocchiale intitolata a San Giovanni Evangelista che contava, ancora nel Cinquecento, qualche centinaio di persone. Barbialla era quindi un luogo speciale nel paesaggio Cinquecentesco delle colline del basso Valdarno sanminatese se lo troviamo rappresentato da Leonardo, assieme agli altri piccoli castelli della zona, fra i punti topografici di riferimento nella redazione di una delle sue mappe idrografiche più dettagliate.
A cura di
Silvia Leporatti
Galleria fotografica
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