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Pontorme

Pontorme si deve riconoscere oggi nel reticolo di strade della moderna cittadina di Empoli che ruotano attorno alla chiesa di San Michele Arcangelo, che era in origine la chiesa castellana di Pontorme. Il castello di Pontorme, alla sua fondazione, agli inizi del XII secolo, era minuscolo. Solo nel Basso Medioevo si sviluppò il borgo extramurario che era cresciuto lungo la via pisana e fu circondato da mura nel 1365, quando era già da tempo uno dei castelli del contado fiorentino. Nella trama e nei caratteri del tessuto edilizio di oggi si riconoscono le tracce delle vie e delle case del borgo documentato negli statuti Tre-Quattrocenteschi. È questo il castello che Leonardo ha raffigurato nella famosa veduta della Valle dell’Arno della collezione Windsor Castle (RL 12685): un borgo murato dotato di ben sei torri rompitratta, attraversato dal tracciato rettilineo della via pisana diretta alla vicinissima Empoli.

Le prime notizie di un centro demico nell’area di Pontorme risalgono all’Alto Medioevo e si riferiscono ad una curtis regia chiamata Cortenuova, lo stesso nome della comunità (popolo di Santa Maria a Cortenuova) che farà parte, secoli dopo, del piccolo comune rurale di Pontorme. Invece una curtis di Pontorme è documentata nel 1099 in riferimento all’abbazia cadolingia di San Salvatore di Fucecchio, a testimonianza di un passato in cui forse anche Pontorme era stata parte dei possessi di quella importante famiglia comitale. Tuttavia dopo il 1113, all’indomani della morte, senza eredi, del conte Ugo ultimo esponente della casata, le terre di Pontorme confluirono nel patrimonio di un’altra famiglia comitale. La vedova del conte Ugo sposò in seconde nozze il conte Tancredi Nontigiova degli Alberti che assorbiva, così, una serie di possessi cadolingi fra cui, appunto, Pontorme. Nel 1117 il conte Ildebrando degli Alberti esentava da alcune tasse vari fideles dell’abate di Fucecchio residenti in loco et finibus Pontormio iusta ecclesiam Beati Martini. È proprio lì, dove si trova ancora oggi la chiesa di San Martino, che venne costruito il castrum. E questo avvenne proprio in quegli anni se nel 1120 abbiamo la prima attestazione di un castrum quod vocatur Pontormum. In quell’occasione il piccolo castello albertingo era stato assediato dal conte Guido Guerra. Nelle immediate vicinanze di Pontorme, infatti, solo un anno prima, nel 1119, i conti Guidi avevano dato il via ad una importante iniziativa, la fondazione del castello di Empoli, in evidente antagonismo con la vicinissima presenza albertinga a Pontorme. L’iniziativa dei Guidi era un vero e proprio programma di ridefinizione degli equilibri demografici dell’area: il nuovo castello di Empoli, fondato attorno al luogo dell’antica pieve, avrebbe drenato popolazione da tutti i villaggi dell’area. Da quel momento in poi la storia dei due castelli, Empoli dei conti Guidi e Pontorme degli Alberti, così vicini l’uno all’altro, sarà strettamente legata.
Così come accadde ad Empoli, anche Pontorme alla fine del XII secolo entrò definitivamente nell’orbita fiorentina. Quando infatti, nel 1204, Firenze ottenne sul confine dell’Arno il controllo della rocca albertinga di Capraia mise mano alla fondazione di un nuovo castello, Montelupo, che popolò sottraendo sicuramente popolazione dalla curia di Pontorme. I conti Alberti del ramo dei da Capraia che si erano resi protagonisti, nel 1204, della resa del castello di Capraia, alla metà del Duecento risultano aver preso residenza nel vicino castello di Pontorme. Da quel momento in poi gli esponenti di questa famiglia di nobili del contado compariranno nei documenti come conti di Pontorme ma il titolo non corrisponderà ad alcuna significativa prerogativa giurisdizionale. Pontorme è ormai un castello del contado fiorentino. Possiamo ricostruirne l’impianto osservando la pianta tardo-cinquecentesca disegnata dai Capitani di Parte Guelfa. L’estensione del castello Duecentesco era ancora quella del tempo degli Alberti. La piazza era il sagrato della chiesa di San Martino, dove si affacciava anche l’antico palazzo comitale con torre, loggia, corte ed ambenti residenziali. In corrispondenza della porta di levante, la porta vecchia, era stato costruito il palazzo comunale con loggiato e torre che furono demoliti solo alla fine del Settecento. Fino ad allora la torre, una delle torri delle mura, ospitava la campana della comunità realizzata dai magistri fiorentini, Bonaguida de Florentia cum Rico e datata 1278. Era la campana che scandiva il quotidiano del piccolo comune valdarnese. Nel 1786, dopo la distruzione della torre civica, la campana fu donata alla chiesa di San Martino e collocata sul nuovo campanile.
Al tempo della discesa dell’imperatore Enrico VII, nel 1312, Firenze dovette occuparsi dei sistemi di difesa dei centri fortificati prossimi alle zone di guerra. Il castello e il borgo di Pontorme, così vicini ad Empoli, erano un potenziale pericolo. Per questo vennero ordinate una serie di misure volte a neutralizzare l’uso militare che poteva farne il nemico. Venne ordinato di sgomberare le case del borgo in modo che diventasse inabile ad abitandum ‑ non utilizzabile dal nemico - oltre all’ordine di rimozione delle strutture in legno che potevano essere utilizzate per l’assedio del castello. Per tutto il corso del Trecento ed oltre la campagna attorno a Pontorme fu percorsa dagli armati di diversi eserciti in movimento: masnade de’ Tedeschi di Lucca nel 1315, l’esercito di Castruccio Castracani nel 1325, cavalieri pisani accorsi in aiuto di Firenze nel 1343. Nel 1363 Niccolò conte di Urbino era di stanza nel borgo di Pontorme poiché il castello, come lamentano gli stessi abitanti, era troppo piccolo per ospitare squadroni di cavalleria. Nel 1365 Firenze decise di fortificare il borgo che si era sviluppato nel corso del Duecento all’esterno della porta vecchia, la porta di levante. L’asse stradale su cui si era sviluppato l’abitato era la via pisana che correva parallela all’Arno, entrava a Pontorme dal lato di levante e ne usciva su quello di ponente per proseguire verso Empoli. Firenze finanziò la costruzione delle nuove mura garantendo un’esenzione fiscale agli abitanti che avrebbero dovuto contribuire all’opera pubblica. Quattro anni dopo gli abitanti di Pontorme chiedevano ulteriori sgravi fiscali. Le difficili condizioni economiche e il perenne stato di guerra avevano colpito l’intero settore dell’Empolese-Valdelsa, come si apprende dalle numerose petizioni che gli abitanti dei castelli di quelle terre rivolsero a Firenze per essere esentati dalle imposte che gravavano su una popolazione ormai decimata e impoverita.
Il paesaggio dei castelli sempre più fortificati, unici luoghi in continua ristrutturazione in una campagna, invece, sempre più desolata e lasciata all’incolto, era quello che si mostrava agli occhi di Leonardo che disegnava nella famosa veduta del Valdarno della collezione Windsor Castle RL 12685 i due castelli turriti di Empoli e Pontorme, gli unici sulla sinistra dell’Arno dalla confluenza della Pesa in giù. Pontorme è disegnato circondato dalle mura del 1365, dotate di ben sei torri rompitratta. Leonardo disegna con un tratto rettilineo assai nitido anche la strada pisana che da Montelupo passava il ponte sulla Pesa, raggiungeva Pontorme e poi la vicinissima Empoli. Sulla strada si erano sviluppate le attività dei molti abitanti di Pontorme che facevano i vetturali combattendo con le continue esondazioni dell’Arno causa dell’allagamento della sede stradale della via pisana. In quel caso il trasporto terrestre era sostituito da un servizio di navicellai, come si legge ad esempio in una provvisione fiorentina del 1370: […] Et insuper strata qua itur Pisas adeo per dictas aquas [aqua fluminis Arni] inundatur in yeme quod seque expedit volentibus per dictam stratam transire facere se portari per naves […] . Il relitto di una imbarcazione di questo tipo, molto simile al navicello fluviale disegnato da Leonardo (Codice Atlantico f. 27r), è stata rinvenuta nei pressi di Empoli nel 1981. La sua ricostruzione e gli oggetti originali di bordo, fra cui la catena per l’ancoraggio e un’ascia da calafato per la sistemazione della chiglia, sono visibili nella sezione archeologica del Museo Civico di Fucecchio. Fra gli oggetti di bordo recuperati dal relitto una stadera assicura che l’imbarcazione era utilizzata per il trasporto di persone e di merci.
A cura di
Silvia Leporatti
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