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Urns in the Guarnacci Museum, Volterra

Notizie sulle scoperte etrusche di Volterra e del suo territorio si diffondono già nella prima metà del Quattrocento tra gli umanisti, e poi fra i letterati tra il XV e il XVI secolo. La famiglia de’ Medici conservò l’amore che Cosimo il Vecchio aveva dimostrato per l’antichità, e in particolare per Volterra. Si pensi a Lorenzo il Magnifico, del quale era nota la passione per i reperti archeologici; o a papa Leone X, che fu molto legato a questa città, dove era stato abate della Badia dei SS. Giusto e Clemente, e che fece costruire nel 1513 il teatro del Campidoglio con decorazioni ispirate agli “antenati etruschi”.
Un poema di Ugolino Verino (scritto nel 1483) accenna all’influenza dell’arte etrusca su Donatello.
Leonardo disegna dettagliatamente, secondo diverse angolazioni e ricostruzioni d'insieme, la città etrusca di Volterra, nelle carte di Windsor RL 12683 (da est) e RL 12278 (da ovest), e ne segnala l'importanza strategica in relazione alla Val di Cecina e alla Valdera nella carta idrografica RL 12277.
Annota inoltre, nel Codice di Madrid II (f. 3r), le osservazioni da lui fatte per individuare le posizioni geografiche delle località di riferimento, sulle direttrici che dal Montalbano si orientano verso il Valdarno, i Monti Pisani e San Gimignano.
In epoca medievale e rinascimentale il territorio di Volterra era al centro delle mire espansionistiche di Pisa e Firenze a causa delle sue risorse minerarie. Sicuramente Leonardo conosceva resti architettonici della città etrusco-romana come le mura -che nel IV secolo a.C. misuravano 7.280 metri- e la Porta dell’Arco.
Nelle raccolte della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, è presente una piccola tavola raffigurante San Giovanni nel deserto (donazione Mino Rosi), di anonimo seguace leonardesco in rapporto con l’analoga tavoletta della National Gallery of Scotland a Edimburgo (attribuita prima a Cesare da Sesto e poi a Lanino) e con il disegno di Leonardo rubato dal Sacro Monte di Varese.
Fra i codici miniati della Biblioteca Guarnacci si conserva l’Epitalamio di Giovan Francesco Marliani (Ms. 48.3.7), scritto nel 1488 per le nozze (mancate) di Bianca Maria Sforza con Giovanni di Mattia Corvino, con una famosa miniatura attribuita a Giovanni Ambrogio de’ Predis, con l’effigie del grande collezionista re d’Ungheria.

A cura di
Alessandro Vezzosi, con la collaborazione di Agnese Sabato
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