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Porta Fiorentina, Castiglion Fiorentino

Con 'Castiglion Aretino', Leonardo descrive con particolare evidenza l'attuale Castiglion Fiorentino, nella carta RL 12278, “in tutta la complessità del suo apparato difensivo: cassero, torre del cassero, cinta e torri della cinta, accenno a edifìci collocati fuori delle mura e precisamente ai piedi del colle lungo la strada che superava il Celone e gli altri torrenti su una serie di ponti” (G. Cherubini, Note sul territorio di Castiglion Fiorentino, Intervento alla Giornata di Studi Giovanni Acuto, le compagnie di ventura in Italia nel XIV secolo e il territorio di Castiglion Fiorentino, ottobre 1994).
Nello studio dal vero della carta RL 12682, l'indicazione del paese è corredata dalle distanze dalle diverse località di Arezzo e della Valdichiana, per esempio: «da Castiglione a Montecchio miglia uno; da Castiglione a Mammi miglia uno; da Castiglione alla Montanina miglia quattro; da Castiglione a Cortona miglia cinque; da Castiglione a Vitiano miglia due; da Castiglione a Rigutino miglia tre; da Castiglione a Puliciano miglia cinque; da Castiglione a Pigli miglia sei; da Castiglione all'Olmo [ossia tra i colli attraverso cui si va ad Arezzo] miglia otto».
Nel Codice Atlantico (f. 918r), in una descrizione topografica particolarmente accurata della zona, sono fissate le misure delle strade e dei corsi d'acqua nel territorio compreso tra le diverse fortificazioni del castello con mura e torri di cinta e la Chiana.
L’antico affluente del Tevere, a causa dell’opera dell’uomo e dell’interramento progressivo - che provocò pure la diffusione di un ambiente paludoso e insano nel Medioevo -, si era piegato verso l’Arno prolungando il suo corso per un breve tratto, dando vita alla cosiddetta inversione della Chiana. Dall’aerea palustre centrale si diramavano quindi due corsi d’acqua, uno verso Sud defluente al Tevere, e l’altro verso Nord defluente all’Arno. Molti furono i tentativi fallimentari di prosciugare la palude e bonificare la Valdichiana; intorno alla metà del Cinquecento si iniziò la costruzione del “Canale maestro della Chiana”, che riversava nell’Arno le acque raccolte.

A cura di
Alessandro Vezzosi, con la collaborazione di Agnese Sabato
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