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Codice Atlantico, 909v

Gli artisti-ingegneri del Rinascimento sentivano già il problema di tutelare - con quelli che oggi definiamo brevetti - le proprie conoscenze tecnologiche, le invenzioni e i "secreti". Basti pensare alla richiesta avanzata dal Brunelleschi alla Signoria fiorentina nel 1421 per tutelare l’invenzione del "badalone", un battello per trasportare lastre di marmo dalle cave di Carrara fino a Firenze.
Intorno al 1506, nel Codice Leicester (f. 15A-22v), Leonardo si chiedeva: «Perché io non iscrivo il mio modo di star sotto l'acqua?… Questo non pubblico o divulgo per le male nature delli omini, li quali userebbono li assassinamenti nel fondo de' mari…». Ne traspare un senso etico della segretezza, che sembra contrastare con le annotazioni di un foglio giovanile del Codice Atlantico, in cui Leonardo si mostra anzitutto geloso dei suoi segreti («Non insegnare e sarai [il] solo eccellente»). Qui descriveva infatti il modo di affondare a sorpresa navi nemiche, con sommozzatori che utilizzassero viti brunelleschiane, le stesse del cantiere di Santa Maria del Fiore («Vuolsi portare una de le 3 viti di ferro de l’opere di Santa Liberata »). In questo modo Leonardo pensava di riuscire a fare prigionieri i comandanti nemici in modo da riscuotere una taglia, previa però la stipula di un accordo scritto per garantirsi il guadagno: «Piglia conestavoli [i comandanti] a tuo modo e segretamente con molti legami gli metti su la riva. Ma prima fa’ patto per istrumento [notarile], come la metà della taglia sia tua, libera senza alcuna eccezione».

A cura di
Alessandro Vezzosi, con la collaborazione di Agnese Sabato
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