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Mulino Camillino

Balenaia è il nome del fiume Vincio nella sua parte più alta, quella che scende dal crinale del Montalbano verso il paese di Vinci. La valle della forra di Balenaia è caratterizzata dalla presenza di numerosi mulini alimentati da gore che sfruttano quel corso d’acqua e che risalgono, in alcuni casi, al tempo di Leonardo. Questa zona era sicuramente molto ben conosciuta da Leonardo: il rio Balenaia, infatti, lambisce i rilievi di Santa Lucia e di Anchiano dove si trovavano diverse proprietà della famiglia da Vinci. La parte più suggestiva di questo ambiente, dove gli opifici sono perfettamente integrati nel sistema di acque che li alimentano, si trova poco a monte di Anchiano. Si raggiunge facilmente prendendo la strada che dalla Casa Natale di Leonardo arriva al molino Baldassini, uno dei mulini più belli, dove ha inizio un sentiero immerso nel verde della forra di Balenaia, chiamato “la Via dei Mulini”. Scegliendo, invece un secondo percorso, il “Sentiero di Balenaia”, si possono ammirare i mulini alimentati dalle acque del rio di Balenaia quando giunge più a valle, a ovest del castello di Vinci. Fra questi, il molino di bonifazio (oggi podere Burra) che apparteneva anticamente all’ospedale fiorentino di San Bonifacio.

Lungo il sentiero che si inoltra nella forra di Balenaia si incontrano diversi mulini ancora piuttosto ben riconoscibili nell’impianto generale anche se con parti deteriorate o definitivamente crollate, e talvolta coperti dalla vegetazione. In genere sono molto ben conservate le strutture del locale seminterrato, dove si trovava il meccanismo di trasformazione della forza dell’acqua in energia meccanica. L’acqua, imbrigliata a monte del mulino, arrivava con forza nel locale inferiore attraverso un condotto chiamato “doccia” dove azionava le pale del ritrecine, l’albero verticale imperniato sul soffitto. Il moto rotatorio del ritrecine veniva così trasferito alla macina in pietra che si trovava al piano superiore. Questo era lo spazio della macinazione (cereali o castagne) per la produzione di farine. L’acqua che azionava il ritrecine usciva poi dalla struttura del mulino attraverso grandi aperture ad arco che si vedono molto spesso sulle facciate dei mulini disegnati nelle carte storiche. Il numero delle bocche d’uscita dell’acqua corrisponde a quello dei meccanismi di trasmissione del moto e quindi al numero di macchine molitorie presenti all’interno dell’opificio. In alcuni casi la ricerca d’archivio e l’analisi della cartografia storica ha consentito l’individuazione del nome del mulino (il toponimo oppure il nome della proprietà) e una datazione di massima della struttura.
Uno dei mulini più antichi e meglio conservati è il Mulino Baldassini, il primo della “Via dei Mulini”, a poca distanza dalla Casa Natale di Leonardo ad Anchiano. È composto da ben tre corpi di fabbrica. Oltre al mulino aveva probabilmente anche un frantoio e gli ambienti di servizio per il mugnaio. Sulla superficie di uno dei conci d’angolo del corpo di fabbrica prossimo alla strada di accesso si legge perfettamente la data incisa, il 1581, e il nome del proprietario, “Baldassini”. Il nome sul concio d’angolo indica con ogni probabilità l’identità del committente della fabbrica. Si tratta di una famiglia che possedeva altre proprietà nella zona, come si può vedere in una delle mappe dei Capitani di Parte Guelfa che rappresenta il versante occidentale della forra di Balenaia con tre mulini a poca distanza l’uno dall’altro. Il più grande, dove si legge distintamente mulino dei Baldassini, è alimentato dall’acqua di una gora, acqua che poi esce dall’impianto attraverso due grandi archi che si riconoscono molto bene sul prospetto principale del complesso architettonico. La mappa dei Capitani di Parte Guelfa è pressoché contemporanea alla datazione incisa sulla pietra del mulino e rappresenta una sorta di ‘istantanea’ di quell’angolo della forra di Balenaia alla fine del Cinquecento.
Il primo è posto all’altezza del primo guado della “Via dei Mulini”. Si conserva perfettamente l’apertura ad arco per l’uscita dell’acqua dal locale del ritrecine. L’opificio idraulico successivo, il mulino Camillino, è stato recentemente oggetto di un intervento di valorizzazione che ne ha reso visibili le diverse componenti. Sono ben conservate e riconoscibili il corpo dell’edificio principale composto dal locale delle macine al piano superiore e il locale voltato che ospitava il ritrecine, al piano inferiore. Sulla parte retrostante è conservata la struttura in pietra del bottaccio, l’invaso per la raccolta dell’acqua alimentato dal canale della gora. Una scala esterna al muro del bottaccio, ancora in parte conservata, permetteva l’accesso alla grande vasca per regolare il flusso d’acqua.
La sorgente del rio di Balenaia, che nella parte più alta era chiamato, già nel Cinquecento, acqua santa, si trovava vicino al crinale del Montalbano, poco al di sotto della torre di Sant’Alluccio disegnata da Leonardo nella mappa RL 12685. Il primo tratto dell’Acqua Santa, con le sue sorgenti, e la torre di Sant’Alluccio furono inglobati ai primi del Seicento all’interno del perimetro del Barco Reale, la tenuta medicea che occupava un ampio settore del Montalbano. I due mulini della parte più profonda della forra del rio Balenaia-Acqua Santa, al termine della “Via dei Mulini”, si trovano all’interno del Barco Reale: un passaggio attraverso il muro che delimitava la vasta tenuta consente l’accesso ai due opifici del XVII secolo, il mulino Nannini, che nelle carte del catasto ottocentesco è detto “mulino del Barco”, e il mulino dei Poveri.
Lungo la strada asfaltata che dalla Casa Natale di Leonardo ad Anchiano porta all’inizio della “Via dei Mulini”, si incontra un altro edificio molto ben conservato, anche questo riferibile alla fine del Cinquecento. Lo si riconosce perfettamente nella mappa dei Capitani di Parte Guelfa, dove si trova registrato come molino dei Bellocci. Anche questo nome di famiglia compare di fianco al disegno di diversi poderi della mappa cinquecentesca. Era alimentato anche questo dal rio di Balenaia che proseguiva verso valle con il nome di Vincio.
La parte mediana del rio di Balenaia-Vincio è visitabile percorrendo il “Sentiero di Balenaia”. Sul corso del Vincio alla fine del Cinquecento si trovavano molti mulini alcuni dei quali sono segnati nella mappa cinquecentesca con il nome della famiglia fiorentina dei Ridolfi. A quel tempo i Ridolfi possedevano anche il mulino della Doccia del castello di Vinci, che Leonardo disegnerà in una delle carte del Codice Atlantico, e l’osteria-beccheria del borgo, presso l’androne Ciofi, che sarà presa in affitto da Giovanni di ser Piero da Vinci, il più giovane dei fratelli di Leonardo.
Fra i mulini dei Ridolfi alimentati dalle acque del Vincio disegnate dai Capitani di parte se ne trova uno indicato come molino di bonifacio ed apparteneva allo Spedale fiorentino di San Bonifacio. Alla fine del Cinquecento è registrato come “Spedale di Bonifazio in sul Rio dell’Acqua Santa luogo detto al Burro”. Attraverso il toponimo Burro/Burra che indicava, alla fine del Cinquecento, la località del mulino di San Bonifacio è possibile identificare questo opificio con il bellissimo complesso rappresentato in un cabreo del XVII secolo dell’Ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova. Al seicentesco mulino del Burra si accedeva attraverso un passaggio voltato che dava sull’aia. Qui una scalinata esterna conduceva a quella che sembra la parte residenziale del complesso. Il vero e proprio mulino si trovava nel corpo di fabbrica adiacente, il più alto. Al piano superiore della “torretta” doveva trovarsi il locale delle macine mentre la ruota idraulica era in basso, dove si vede il canale di uscita dell’acqua. Il bellissimo disegno del Seicento riproduce i dettagli della presa dell’acqua sul Vincio, il percorso della gora che alimentava due deliziosi laghi artificiali circondati dalla vegetazione posti sul retro del complesso. I due laghetti comunicavano attraverso una piccola strozzatura scavalcata da un ponticello posto sul retro del mulino da cui partiva la via vicinale che conduceva al podere della Costareccia, nel popolo di Santa Maria a Orbignano, uno dei poderi della famiglia di Leonardo. Quello che al tempo di Leonardo era probabilmente il molino di bonifacio è oggi ristrutturato e trasformato interamente in abitazione privata. È visibile percorrendo il “sentiero di Balenaia”.
A cura di
Silvia Leporatti
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