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Chiesa di Santa Croce, Vinci

La chiesa di Santa Croce è la parrocchiale di Vinci che vediamo oggi in forme neorinascimentali dopo i lavori di restauro della prima metà del secolo scorso. Era la chiesa del castello e dipendeva fin dalle origini dalla pieve di Sant’Ansano di Greti. All’interno della chiesa si può ammirare l’antico fonte battesimale in un suggestivo allestimento progettato da Ugo Giulio Arata in occasione delle celebrazioni leonardiane del 1952. È probabile, infatti, che Leonardo da Vinci sia stato battezzato proprio nella chiesa di santa Croce, la parrocchiale del luogo di residenza della famiglia. Nel popolo di Santa Croce la famiglia aveva numerose proprietà, molte delle quali acquistate da ser Piero da Vinci, il padre di Leonardo.

Il più antico disegno della chiesa castellana di Vinci si trova nello schizzo della pianta del castello di Vinci realizzata dai Capitani di parte Guelfa alla fine del Cinquecento, dove a lato del cassero dei conti Guidi è segnata la chiesa, con i suoi annessi. Una chiesa esisteva già all’interno delle mura del castello almeno dai primi anni del XII secolo quando nei documenti del vescovado di Pistoia viene rammentata la cappella de Vincio e il vescovo riscuoteva le decime dagli homines di quella comunità. La chiesa del castello dipendeva infatti, dalla pieve di Sant’Ansano in Greti, uno dei plebati della diocesi di Pistoia posti sul versante meridionale del Montalbano. La chiesa, tuttavia, risulta appartenere alla casata comitale dei Guidi quando compare per la prima volta con il titolo dedicato alla Santa Croce. Si tratta del famoso documento della vendita da parte dei conti Guidi delle quote del castello di Vinci alla città di Firenze del 1254. Assieme al castello vengono cedute, infatti, le quote della Ecclesia Sancte Crucis. Nelle visite pastorali cinquecentesche la chiesa viene indicata con la doppia intitolazione di S. Andree et S. Crucis de Vincio. È stata avanzata l’ipotesi che il titolo di Sant’Andrea potesse essere l’antica dedicazione della cappella de Vincio cui sarebbe stata affiancata in un secondo momento quella della Santa Croce, divenuta titolo prevalente dal Duecento in poi. Tuttavia la festa di Sant’Andrea è ancora celebrata nel “calendario proprio” della propositura come la festa del patrono di Vinci. La chiesa di Vinci è stata elevata alla dignità di propositura nel 1852, in occasione del quarto centenario della nascita di Leonardo.
La Ecclesia Sancte Crucis del castello dei conti Guidi, che fu la parrocchiale della famiglia da Vinci, si presenta oggi nelle forme neorinascimentali dell’ultimo radicale intervento di restauro che risale al secolo scorso. La chiesa medievale doveva avere il tipico impianto ad aula unica con abside semicircolare cui venne aggiunto un portico trabeato sorretto da colonne tuscaniche. Gli interni furono radicalmente trasformati durante i secoli XVII e XVIII nella configurazione interna degli altari. Nel Settecento se ne contavano ben dieci, realizzati per iniziativa di famiglie nobili di origine fiorentina e di congregazioni religiose, beneficiari degli altari stessi. Ne rimangono solo due, situati nelle testate delle navate laterali. A destra quello dedicato alla Madonna del Rosario sul quale si trova un dipinto che ripropone l’iconografia della Madonna che offre il rosario ai santi domenicani. A sinistra, l’altare di Sant’Andrea, patrono di Vinci, con un dipinto raffigurante la Natività della Vergine datato al 1562 ed attribuito alla bottega di Francesco Brina. Proviene invece da un altare appartenuto alla vecchia chiesa il bel dipinto raffigurante la Maddalena in meditazione attribuita alla bottega di Alessandro Rosi, datata all’ultimo quarto del Seicento. Una immagine della chiesa della Santa Croce prima della completa ricostruzione del secolo scorso si trova in un dipinto di Telemaco Signorini e in una foto dei primi del Novecento conservata nella Biblioteca Forteguerriana di Pistoia, dove si vedono ancora il portico addossato alla facciata con il tetto a capanna della chiesa e il campanile ottocentesco. Fra il 1929 e il 1935 la chiesa fu completamente ricostruita su progetto dell’architetto Giuseppe Gullino. Gli interni furono completamente riconfigurati mentre all’esterno il progetto della nuova facciata ha cancellato il lungo portico che proteggeva gli antichi accessi alla canonica (sulla sinistra) e all’oratorio della Compagnia del Corpus Domini (a destra). L’oratorio, completamente ricostruito e inaugurato nel 1952, ospita oggi una suggestiva proposta del ‘battistero’ di Leonardo da Vinci.
L’antica chiesa castellana di Santa Croce al tempo di Leonardo era la parrocchiale della comunità di Vinci. Come noto, la famiglia da Vinci abitava, a partire dal nonno paterno di Leonardo, nella casa posta nel borgo del castello. Soltanto ser Piero, il padre di Leonardo, visse per diverso tempo a Firenze per esercitare la professione di notaio. Per questo motivo è probabile che il piccolo Leonardo sia stato affidato alle cure del nonno Antonio e dello zio Francesco, almeno fino alla prima giovinezza, quando lasciò il borgo di Vinci per andare a Firenze. Si deve al reverendo Emil Möller il ritrovamento fortuito del documento che data con esattezza la nascita di Leonardo. Il documento, rintracciato nel 1931 fra le carte dell’Archivio di Stato di Firenze, è l’appunto vergato dal nonno Antonio sull’ultima carta di un protocollo notarile di suo padre, ser Piero di Guido. Antonio non era notaio ma teneva presso di sé le carte del padre, secondo una consuetudine che durò ancora un secolo circa. L’appunto riporta alcuni dati del lieto evento: “Nachue un mio nipote, figliuolo di ser Piero mio figliuolo a dì 15 d’aprile in sabato, a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo. Batezollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, […]”. Il battesimo avvenne sicuramente nella chiesa di Santa Croce di Vinci, la parrocchia della famiglia di Leonardo. L’antico fonte battesimale di Santa Croce, sopravvissuto alle profonde trasformazioni che hanno completamente cancellato la chiesa bassomedievale frequentata dalla famiglia da Vinci, è conservato oggi in un ambiente creato ad hoc in occasione delle celebrazioni leonardiane del 1952. Il fonte battesimale di Leonardo si trova al centro del vano ottagonale progettato da Ugo Giulio Arata negli spazi dell’antico oratorio della Compagnia del Corpus Domini, recentemente arricchiti dalle opere di scultura in lega metallica dell’artista Cecco Bonanotte, ispirate ai temi della Salvezza. È qui che si ritiene che il 16 aprile del 1452 il parroco Piero di Bartolomeo Cecchi abbia battezzato il neonato Leonardo da Vinci, come si legge sulla memoria di pietra apposta sulla parete del ‘nuovo battistero’, che riporta il testo esatto dell’annotazione di Antonio da Vinci scoperta da Emil Möller.
La famiglia da Vinci al tempo della nascita di Leonardo abitava stabilmente nella casa del borgo del castello, come dichiarato nelle portate catastali del nonno paterno Antonio e dai documenti d’archivio relativi alla famiglia. I da Vinci avevano ottenuto la cittadinanza fiorentina fin dal XIV secolo, tuttavia avevano continuato ad abitare nel luogo di origine: solo il padre di Leonardo, notaio dal 1448, abitava a Firenze per praticare la professione. La redditizia attività professionale di ser Piero è all’origine dell’incremento delle proprietà della famiglia che avvenne soprattutto nell’ultimo quarto del Quattrocento. Le portate del catasto di ser Piero del 1498 e l’atto del 1506, scritto dopo la morte del notaio per la suddivisione del patrimonio fra i numerosi figli, riportano le proprietà della famiglia, fra cui quelle poste nel popolo di Santa Croce. Oltre alla casa nel borgo del castello, cui era stata unita una porzione adibita a stalla, ser Piero aveva acquistato la proprietà di un’altra casa nel castello, addossata alle mura. Il territorio dipendente dalla chiesa di Santa Croce comprendeva grosso modo la vallata della forra delle Quercete detta Valle Buia, che comprendeva il rilievo posto a Nord-Est del castello e i declivi posti a settentrione, giungendo a lambire la forra del rio Balenaia, fino alla località del Ferrale. La zona era ricchissima di mulini alimentati dai corsi d’acqua che scendevano dal Montalbano. È in questo vasto areale che circonda il castello che la famiglia possedeva poderi e terreni. Le località ricordate sui rilievi a nordest del castello sono Leano, podere Broto, Quaranzola. Sul versante nord orientale possedevano il podere della Colombaia e altre terre, soprattutto vignate, in località Grappa. Alcune di queste località campestri sono riconoscibili con lo stesso nome nelle carte tardo Cinquecentesche dei Capitani di Parte Guelfa (leano, botro aleano, vergine di quarazola, grappa). Gli stessi luoghi hanno mantenuto il medesimo nome fino ai catasti particellari ottocenteschi perciò possiamo dire che le località dei poderi della famiglia da Vinci si sono conservate e sono riconoscibili ancora oggi nelle campagne vinciane.
A cura di
Silvia Leporatti
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