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Lucardo

La località, posta sui colli orientali della Valdelsa, si trova nel comune di Montespertoli. L’abitato attuale reca le tracce delle sue origini come castello d’età medievale, forma con la quale di fatto viene disegnato da Leonardo nella famosa veduta a volo d’uccello della Toscana RL 12278 di Windsor. Il piccolo centro turrito della mappa leonardiana, segnato dal toponimo “lucardo”, corrisponde al raccolto borgo di Lucardo Alto dove sono ancora visibili alcune parti dell’antico castello medievale.

La prima attestazione del toponimo “Lucardo” risale all’Alto Medioevo (per la precisione all’anno 767) e lega in qualche modo questo luogo alla città di Pistoia. Si tratta dell’atto privato con cui uno dei più importanti personaggi di stirpe longobarda, il medicus regio Gaiduald, dota il monastero suburbano di San Bartolomeo. Fra i beni donati viene citata la “curtem in Lucardo” con tutte le sue pertinenze, ovvero case, vigne, terre, prati, pascoli, selve, ecc. Si tratta della menzione di un nucleo consistente di terre e di altri beni immobili che dovevano fare capo al centro direzionale dell’azienda agricola, la cosiddetta curtis, ovvero un luogo fisico chiamato “Lucardo”. È molto probabile che le terre di Lucardo appartenessero in origine al fisco regio, come dimostrano due carte dell’anno 998 che ricordano questa località. Il primo documento rammenta Lucardo fra le proprietà donate dal marchese Bonifacio alla potente abbazia imperiale di Marturi, e successivamente confermate sempre dai titolari della marca di Tuscia. Il secondo documento, sempre dell’anno 998, conferma la natura speciale di queste terre e il legame che esse ebbero successivamente con una delle più importanti famiglie comitali della Toscana, quella dei Cadolingi. Si tratta infatti del diploma imperiale con cui Ottone III pone la chiesa di San Salvatore a Settimo –con le chiese di San Martino alla Palma e San Donato a Lucardo- sotto la protezione diretta dell’Impero. L’imperatore si trovava in quel momento nella città di Pistoia, città di cui, proprio sullo scorcio del X secolo, la stirpe dei Cadolingi – futuri patroni del monastero di Settimo- vantava il titolo comitale. Se è così dimostrato lo stretto collegamento fra i conti di Fucecchio e le terre di Lucardo, la documentazione successiva mostra l’esistenza di altri personaggi ed enti titolari di diritti su questo territorio e su quello che, almeno dalla metà del secolo XI, è chiamato “castello” di Lucardo.
In un documento del 1071 appartenente al fondo della chiesa fiorentina di Santa Felicita compare un personaggio, Teuderico “de Lucardo”, il cui nome prova lo stretto rapporto che doveva legarlo al castello. Si tratta di un personaggio di rilievo: apparteneva ad un ramo della famiglia signorile detta “da Callebona” (Callebona era il castello di origine della stirpe). Teuderico da Lucardo compare in numerosi documenti della seconda metà dell’XI secolo da cui emerge il suo legame con la città di Firenze e in particolare con il monastero di Santa Felicita. Aveva legami anche con stirpi comitali come i Cadolingi e gli Aldobrandeschi. Successivamente esponenti dei de Calebona sembrano essere particolarmente vincolati alla famiglia comitale degli Alberti che, come noto, sarà protagonista del destino di molti dei castelli della Valdelsa durante il periodo della famosa guerra di Semifonte.
Durante il XII secolo, infatti, i conti Alberti avevano incrementato notevolmente la loro forza anche in queste zone, in parte grazie all’acquisizione delle terre e dei castelli valdelsani derivanti dalla cosiddetta eredità cadolingia. Nella seconda metà del secolo possiedono infatti i castelli di Certaldo, Catignano, Castelfiorentino, Lucignano, Pogni, Salivolpe, Ripa e lo scomparso castello di Fondignano. L’interesse degli Alberti per la Valdelsa si concretizza poi con l’ambizioso progetto di fondazione di un nuovo centro, Semifonte, destinato a controllare il nodo strategico-commerciale della rete stradale, imperniata sulla via Francigena. La nuova fondazione albertinga venne popolata da famiglie originarie dei centri vicini fra cui anche Lucardo. L’ostilità della città di Firenze nei confronti dell’ambizioso progetto culminò, come noto, in una guerra che portò alla distruzione di Semifonte e di diversi dei castelli albertinghi della media Valdelsa ma non sembra aver coinvolto in modo serio il castello di Lucardo. È possibile che, a seguito dell’evento distruttivo (1203), alcune famiglie originarie di Lucardo abbiano fatto ritorno al luogo di residenza avito. Risulta, infatti, che all’interno dell’abitato di Semifonte fosse in funzione una chiesa dedicata a San Lazzaro, e che dopo la distruzione il titolo sia stato traslato a Lucardo, probabilmente a seguito del rientro delle famiglie lucardesi di Semifonte. Dopo il 1203 la chiesa di San Leonardo, posta nelle vicinanze del castello di Lucardo, compare nelle fonti scritte con il nuovo titolo di “San Lazzaro a Lucardo”.
All’inizio del Duecento Lucardo, organizzato in comune rurale, è ormai definitivamente parte del contado fiorentino. Il Comune di Lucardo di Valdelsa risulta infatti parte in causa in processo giudiziario tenutosi nel 1213 a San Miniato presieduto da un giudice imperiale. All’inizio del Trecento il castello di Lucardo viene rivendicato come appartenente all’impero da Arrigo VII. Ancora a quella data le sue strutture difensive dovevano essere piuttosto efficienti ed utilizzate come rifugio nei momenti di maggior pericolo, di fronte alle scorrerie di soldatesche che caratterizzarono la zona durante tutto il secolo XIV. Tuttavia nel corso dello stesso secolo attorno al castello di Lucardo venne coagolandosi una delle proprietà fondiarie più cospicue della Val di pesa, segnata dall’ingresso del capitale cittadino (fra le altre, i Machiavelli) in quelli che furono anticamente i possessi dei Cadolingi e poi degli Alberti, prefigurando la trasformazione funzionale del castello in villa di campagna. Leonardo disegnò infatti la villa-castello di Lucardo nelle forme tipiche del centro fortificato ancora cinto da mura, come doveva apparire all’inizio del Cinquecento, e come, sostanzialmente riusciamo ad immaginarlo oggi.
Le mura del castello dovevano circondare quello che oggi è chiamato Lucardo Alto. Dell’apparato difensivo, che si intuisce seguendo il filo esterno e continuo dei caseggiati, rimangono visibili la porta di accesso e una porzione del muro di cinta, tutti realizzati in pietra. La porta del castello presenta un arco a tutto sesto in laterizi che appartiene probabilmente ad una ricostruzione successiva, così come i beccatelli aggettanti visibili sulla parte alta del prospetto. Sopra l’arco della porta è presente uno stemma gentilizio in pietra, appartenente alla famiglia che ne prese il possesso in epoca moderna (i cosiddetti “Lucardesi”). Il piccolo castello aveva una forma allungata, con un esiguo spazio aperto al centro, di forma trapezoidale. Sulla piazzetta è ancora visibile un massiccio edificio in pietra. Il torrione, a pianta quadrata, si conserva solo per l’altezza di due piani e presenta la traccia di alcune aperture ad arco.
A cura di
Silvia Leporatti
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