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Collegalli

Il piccolo centro fortificato di “collegale” disegnato da Leonardo nella mappa RL 12278 di Windsor fra l’Egola e l’Era, è da identificarsi con il castello di Collegalli o Collegarli, come viene rammentato nelle fonti scritte dal XII secolo in poi. Il sito è da identificarsi con la collina occupata oggi dalla villa realizzata dal Duca Ferdinando Strozzi all’inizio dell’Ottocento, posta a pochi chilometri a nordovest di Montaione. Tuttavia nella forma in cui viene rappresentato da Leonardo si riconosce l’aspetto che doveva avere ancora all’inizio del Cinquecento, ovvero quello di un piccolo centro dotato di circuito murario, come già doveva apparire fra XII e XIII secolo.

La prima attestazione del castrum di Collegalli è del principio del secolo XII. In questo documento, datato 1123, il conte Ranieri di Guido II, della famiglia dei Gherardeschi, concede parte dei diritti che deteneva sul castello di Collegalli al vescovo di Lucca. Di questa importante famiglia comitale sappiamo che già dall’XI secolo, oltre ai vasti possedimenti della Toscana marittima (prevalentemente la maremma populoniese), vantava diritti su diversi castelli del Valdarno inferiore, e in particolare nelle basse valli dell’Era e dell’Egola. Fra questi castelli, oltre a Collegalli, anche Barbialla e Tonda. L’area era divisa, al tempo, fra le diocesi di Lucca e Volterra. Come si vede dal documento preso in esame, infatti, e come accade al vicino castello di Barbialla, su questi castelli vantavano diritti contemporaneamente grandi signori laici ed ecclesiastici. Questi castelli erano utilizzati dal vescovo e dalle grandi famiglie comitali, come in questo caso i Gherardeschi, che avevano i loro centri di irradiazione fuori zona, sulla base degli interessi e delle vicende familiari in rapida evoluzione soprattutto nel corso del XII secolo. Il conte Ranieri, infatti, che abbiamo visto attivo nel castello di Collegalli nel primo quarto del secolo XII, apparteneva al ramo della famiglia dei Gherardeschi che nel corso della seconda metà del XII secolo finì per concentrare i propri interessi in val di Merse, cedendo quasi tutti i castelli valdarnesi ai presuli di Lucca e Volterra. Il relativo vuoto di potere lasciato nella zona, incrementato anche dal contrasto fra i titolari delle due diocesi, favorì l’emersione di famiglie della nobiltà minore, signori di castello, spesso residenti nel centro da cui traevano il nome di famiglia. È il caso dei cosiddetti “Conti di Collegalli”, la stirpe di signori che troviamo attiva in zona dagli ultimi decenni del secolo XII, direttamente legata all’antico castello gherardesco della bassa Val d’Egola.
Si tratta di personaggi appartenenti all’entourage vescovile, dotati a vario titolo della dignità militare, che erano riusciti a creare un potentato locale incentrato sul possesso della terra, di uno o più castelli e sul diretto controllo della popolazione rurale residente. È forse uno di questi personaggi il tale Arrigo di Ranieri, dei conti di Collegarli, che nel 1183 dona al centro monastico di Altopascio alcune proprietà poste a Galleno, presso Fucecchio, secondo un documento del 1183 citato da U. Dorini di cui però non viene riportata la fonte originale. È tuttavia interessante il riferimento al rapporto di questa schiatta di signori di castello con il fucecchiese, rapporto che ritroviamo stavolta documentato con sicurezza un secolo dopo. Sappiamo infatti che nel 1281 Fucecchio, durante la fase militare che la vide impegnata contro la vicina Santa Croce, assoldò fra gli altri, come milizie al soldo, proprio i conti di Collegalli.
Dalla seconda metà del XII secolo anche il castello di Collegalli risulta coinvolto nelle vicende legate alla presenza Sveva nell’alta Toscana. Come molti altri castelli del sanminiatese – ad esempio Barbialla, altro centro fortificato dei Gherardeschi in Val d’Egola - anche il castello di Collegalli viene concesso in feudo dall’Imperatore agli alleati pisani. L’inizio del Duecento vede tuttavia l’inarrestabile ascesa di San Minato: nel corso di pochi decenni tutti i castelli della zona entrano a far parte del territorio del forte castello imperiale dalla vocazione urbana divenuto baricentrico rispetto agli altri piccoli centri demici della zona. La storia del castello di Collegalli segue dunque quella di San Miniato, che già dalla fine del Duecento si trova in conflitto con le mire espansionistiche della città di Firenze. In questa zona singolarmente densa di castelli vecchi e nuovi, di case-forti e altri tipi di residenze fortificate, il mantenimento di un insediamento e delle sue fortificazioni rappresentava, nella politica della futura dominante, la città di Firenze, il mantenimento degli equilibri del popolamento dell’area. Viceversa, la decisione di distruggere e smantellare definitivamente uno di questi centri significava ridefinire drasticamente le linee di quell’equilibrio. Accadde infatti che nel 1364 Firenze, in fase di penetrazione nel territorio sanminatese, ordinò la distruzione totale del castello di Toiano, comprese le case. Ordinò inoltre che tutto ciò che sarebbe stato utile salvare (cose, arnesi e victuaglia) venissero trasferite a Collegalli. Cinque anni dopo, nel 1369, a seguito della definitiva sottomissione di San Miniato alla città gigliata, Collegalli entra a far parte ufficialmente del contado fiorentino. Dal punto di vista amministrativo Collegalli, assieme si castelli di Santo Stefano e Coiano, fu inserito nella podesteria di Barbialla. Nel periodo granducale la podesteria di Collegalli e Barbialla venne soppressa e riunita alla podesteria di Montaione, la cui giurisdizione venne ampliata sotto Cosimo I fino a comprendere frazioni degli attuali comuni di Castelfiorentino e San Miniato.
Le forme in cui venne disegnato, ancora all’inizio del Cinquecento, da Leonardo riflettono la storia più antica del centro, un castello signorile esistente almeno dai primi decenni del XII secolo. Le Rationes Decimarum della seconda metà del Duecento registrano per il toponimo Collegalli/Collegarli tre chiese parrocchiali, tutte dipendenti dalla pieve di Corazzano, nella diocesi di Lucca: San Paolo, San Vito (poi SS. Vito e Modesto) e la chiesa di San Michaelis de Castello, forse la chiesa castellana oggi scomparsa. Effettivamente solo le due chiese di San Paolo e di San Vito sono riconoscibili oggi -in forme architettoniche assai tarde- nelle due cappelle dei minuscoli gruppi di case dei poderi omonimi (Podere San Paolo e Podere San Vito) che si incontrano percorrendo la strada bianca che da Corazzano conduce alla villa di Collegalli. La morfologia e le strutture dell’antico abitato fortificato, che alla fine del Quattrocento risulta di proprietà della famiglia Orlandini, sono state del tutto cancellate dalla villa realizzata all’inizio dell’Ottocento dal duca Ferdinando Strozzi. Ulteriori modifiche furono fatte dai successivi proprietari, la famiglia Uzielli. Oggi la villa, di proprietà della famiglia Burgisser, è stata trasformata in una struttura ricettiva.
A cura di
Silvia Leporatti
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