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Gambassi Terme

Il castello turrito segnato con il nome di “ganbassi” che Leonardo disegna fra i castelli di Montaione e Catignano sulla mappa RL  12278 della collezione Windsor, è riconoscibile ancora oggi nella trama delle vie del centro storico di Gambassi Terme. Il castello occupava i quattro isolati centrali definiti dalle strade che convergono sull’attuale Piazza del Castello. Quello che rimane è la traccia del castrum novum, l’insediamento che venne rifondato alla fine del XII secolo dal vescovo di Volterra a poca distanza dal castello più antico. Il castrum vetus di Gambassi risaliva almeno al secolo precedente ed era appartenuto in origine ai Cadolingi, la potente famiglia comitale dei conti di Fucecchio.

Il castello vecchio de Cambassi compare per la prima volta in due documenti dell’anno 1037 in cui risulta appartenere a Guido di Ranieri, personaggio che sembra fa parte di un ramo collaterale della famiglia dei conti Cadolingi. La conferma dell’appartenenza del più antico castello di Gambassi a questa famiglia si trova nel documento con cui, nel 1115, all’indomani della morte dell’ultimo esponente dalla casata comitale, viene ceduto assieme ad altri beni al vescovo di Volterra. In realtà è molto probabile che questo passaggio sia stato solo nominale e che il castrum vetus di Gambassi abbia continuato ad essere appannaggio di quei personaggi dell’entourage cadolingio che da tempo ne detenevano il controllo. La famiglia dei conti di Fucecchio aveva realizzato anche in Valdelsa una rete di località con cui controllava i beni posseduti in loco, fra cui oltre a Gambassi, Catignano, Varna, Camporbiano, Pulicciano, Germagnana, Riparotta, Arsiccioli e Macie. Questo insieme di località era strettamente connesso con i tracciati di costa della Francigena, la più importante arteria di collegamento della Valdelsa con il Valdarno cadolingio, cuore della signoria territoriale. Non abbiamo informazioni riguardo alle strutture materiali del castrum vetus di Gambassi tuttavia sappiamo che era dotato perlomeno di difese in legno che nei documenti del 1037 vengono chiamate “spiciate”, ovvero palizzate realizzate con legname. Doveva occupare uno spazio piuttosto ridotto localizzabile, secondo una recente ipotesi, nell’area della Piazza G. di Vittorio, nei pressi dello stabilimento termale. Dunque non lontano dall’attuale centro storico di Gambassi, l’area su cui verrà costruito alla fine del XII secolo, un nuovo insediamento, il castrum novum di Gambassi.
Nei primi anni ’70 del XII secolo gli abitanti di Gambassi “vecchio” chiesero al vescovo, ed ottennero, la costruzione di un nuovo castello. Le fonti scritte del tempo sono piuttosto chiare: gli “homines de Gambasso veteri …fecerunt comune …et rogaverunt eum ut faceret castrum novum de Gambasso ut tedeschi non possint eos destruere”. La motivazione sembra legata ad una questione di sicurezza ovvero al pericolo che effettivamente dovette costituire, nel 1172, il passaggio dell’esercito imperiale nella zona. Nei decenni successivi le fonti scritte rammentano in più occasioni il castrum vetus e il novum identificati significativamente, ad un certo punto, con i toponimi Gambassi, per il “nuovo”, e Gambassino, per il “vecchio”. Questo significa che l’operazione vescovile non riguardò la semplice ristrutturazione del vecchio sito ma la vera e propria fondazione di un nuovo insediamento fortificato. Il castrum novum fu realizzato a breve distanza dal castello più antico. L’impianto castellano è ancora ben riconoscibile nella forma geometrica regolare dei quattro isolati del centro storico attuale un tempo racchiusi nell’ ovale dei fabbricati che segnano la linea delle antiche mura. La trama del tessuto edilizio, interrotto dall’unico spazio libero dell’attuale Piazza del Castello, testimonia in modo evidente che l’origine di Gambassi “nuovo” è frutto di una pianificazione. I due castelli di Gambassi, il “nuovo” e il “vecchio”, convissero per circa un secolo uno di fronte all’altro. L’uno, ormai inadeguato dal punto di vista delle difese, era ancora la residenza di una parte delle vecchie famiglie dell’entourage vescovile. L’altro invece divenne il nuovo polo demico della popolazione ormai organizzata in comunità e punto di riferimento, nel caso di pericolo, anche per gli abitanti delle campagne circostanti. È questo il ruolo che assunse il castello valdelsano di seconda generazione nel momento in cui, alla fine del Duecento, entrò definitivamente a far parte del contado fiorentino. Nel corso del Duecento, infatti, i due centri fortificati divennero sostanzialmente due poli contrapposti. Il castrum vetero era controllato ancora dal vescovo di Volterra mentre il castrum novum passò sotto la giurisdizione di San Gimignano, comune in forte espansione che andava sovrapponendosi proprio ai danni del suo antico signore, il presule volterrano. È nel quadro del conflitto fra i due che nell’ultimo quarto del Duecento il castello “vecchio” di Gambassi venne definitivamente distrutto dai sangimignanesi. A quel tempo, tuttavia, San Gimignano era ormai entrata nell’orbita della potente città di Firenze. Alla fine del secolo Gambassi “nuovo” era già stato assimilato al territorio della repubblica fiorentina.
Il castello disegnato da Leonardo nella famosa veduta a volo d’uccello della mappa della collezione Windsor Castle RL 12278 è certamente il castrum novum di Gambassi. Leonardo lo raffigura come un centro cinto da mura turrite: è l’aspetto che il castello fondato alla fine del XII secolo dal vescovo di Volterra doveva aver mantenuto fino al XIV secolo. Un’immagine di come doveva apparire agli occhi di Leonardo si ricava da un disegno del castello contenuta in una delle piante dei Capitani di Parte Guelfa di poco posteriore alla mappa leonardiana. Nella pianta tardo cinquecentesca relativa al Popolo e Comune di Gambassi si vede il circuito murario del castello con due porte turrite agli estremi dell’asse viario centrale longitudinale, mentre sui lati lunghi le mura sono dotate di due torri rompitratta. La porta in primo piano è quella che si apre sulla via volterrana che prende due direzioni: verso Nord raggiunge la pieve di Chianni e verso Sud, costeggiando le mura del castello, si ricongiunge alla strada che esce dall’altra porta lungo la quale si era andato sviluppando un borgo (si legge: madonna del borgo) ma dove tuttavia non vi è traccia alcuna del primitivo castello “vecchio” che un tempo occupava quella posizione. Il castello di Gambassi, dunque, era ancora ben conservato al tempo di Leonardo. Per diversi secoli dalla sua fondazione aveva assolto la sua funzione difensiva. In particolare durante il Trecento, il periodo di maggiore insicurezza per la Valdelsa divenuta ormai terra di confine, sono numerosi i riferimenti alle mura di Gambassi che si rintracciano nelle relazioni redatte dagli ufficiali di Firenze preposti alle difese. Queste stesse mura, che furono tenute in gran conto da Firenze e che furono disegnate da Leonardo quando erano in perfetto stato, tanto da essere rappresentate in forma ovale dai Capitani di Parte Guelfa, ai primi dell’Ottocento erano ancora in piedi come si legge nel Viaggio pittorico della Toscana dell’abate Francesco Fontani: “vedesi [Gambassi] ancora circondato di mura, e se dalla loro costruzione argomentar si dee l’epoca in cui furono erette, pare che si debba stabilire che non furono fabbricate prima del secolo XIII”.
A cura di
Silvia Leporatti
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