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Catignano

Il centro turrito che Leonardo riporta sulla mappa RL 12278 di Windsor poco a Nord del castello di Gambassi, in prossimità del fiume Elsa, è identificabile con il castello di Catignano, come si deduce anche dal toponimo riportato sulla mappa, molto ben leggibile: “catignano”. È questo l’aspetto che doveva avere Catignano ancora ai primi del Cinquecento, quando Leonardo lo rappresenta come un piccolo castello cinto da mura e dotato di torri.

La zona di Catignano era una delle aree di influenza della famiglia comitale dei Cadolingi in Val d’Elsa fin dalla prima metà dell’XI secolo. Questa zona era infatti ben collegata ai beni valdarnesi della famiglia dal tracciato più antico della via Francigena che passava in prossimità della pieve di Chianni, su per i crinali delle colline del versante sinistro dell’Elsa. La prima attestazione del toponimo riguarda singolarmente l’abbazia di San Salvatore a Fucecchio. Nella località Catignano erano localizzate terre donate all’abbazia dai conti Cadolingi nel 1008 e, successivamente, nel 1034. Questa località, assieme a quella di Cambiano, costituiva il nucleo di possessi più eccentrici rispetto al grosso dei beni abbaziali, concentrati per lo più fra la bassa Val d’Elsa, la bassa Val d’Egola e il fucecchiese. Altro elemento interessante: nella carta di donazione del 1034 compare anche la località “Santo Stefano”, non ancora individuata, che tuttavia potrebbe essere identificata con il sito del castello di Santo Stefano in Val d’Egola, presso Montaione, di cui si ignorano le origini ma che avrebbe fatto parte, come Catignano e Cambiano, del più antico nucleo di beni cadolingi dell’alta Valdelsa. Tuttavia le fonti scritte rammentano un castello nella località Catignano solo nella seconda metà del secolo, nel 1075, quando il conte Ughiccione dei Cadolingi si trova nel luogo detto Catiniano, presso il castrum, per redigere un documento di concessione che riguardava la famiglia comitale, allora coinvolta nella fondazione del monastero di San Vittore. Catignano era dunque uno dei castelli valdelsani dei conti di Fucecchio. In diverse occasioni, infatti, li troviamo proprio a Catignano impegnati nell’atto di redigere documenti relativi ai loro possessi in Valdelsa. Risultano sempre accompagnati da personaggi della nobiltà locale con cui avevano rapporti di tipo patrimoniale e con cui stringevano sicuramente legami di tipo personale. Nel 1093 troviamo ancora il conte Ughiccione in Valdelsa, a Catignano in compagnia di un personaggio della famiglia dei Ghisolfi, Ildibrandino del fu Pagano. In quell’occasione venne ratificata la restituzione di beni dati in pegno per l’aiuto economico ricevuto dal conte. Il denaro era servito ad Ildibrandino e a suo padre per finanziare le opere di fortificazione di Montespertoli, una delle principali località di radicamento di questo gruppo familiare. Fra i possessi dei Ghisolfi, distribuiti fra la Val di Pesa e la Valdelsa, ve ne sono alcuni ubicati nelle immediate vicinanze proprio di Catignano. Qualche anno dopo, all’inizio del XII secolo, incontriamo ancora esponenti dei Cadolingi nell’areale di Catignano. Nel 1104 i conti Ugo e Lotario si trovano infatti a Varna assieme ad alcuni personaggi della piccola nobiltà locale, personaggi che nel secolo successivo saranno fra i protagonisti della fondazione del castrum novum di Gambassi. In questi luoghi, dunque, dove si intersecavano i reciproci possessi, le famiglie di signori locali avevano la possibilità di stringere rapporti personali con i conti di Fucecchio. Il castello di Catignano sarà ceduto dai conti di Fucecchio fra il 1104 e il 1105 in parte all’abbazia familiare di Borgonuovo e in parte al vescovo di Volterra. Nel 1118 la parte della curtis di Catignano di proprietà dell’abbazia di San Salvatore venne ceduta dall’abate Rolando alla pieve di Chianni in Valdelsa, diocesi di Volterra.
Con l’estinzione della casata dei conti di Fucecchio, all’inizio XII secolo, l’oculata politica matrimoniale del conte Tancredi-Nontigiova degli Alberti consentì a questa casata di entrare in possesso di una cospicua parte dell’eredità cadolingia, fra cui diversi castelli della Valdelsa. Nel 1126 una quota del castello di Catignano venne donato a Gofferdo degli Alberti dalla vedova di Rodolfino da Catignano, un esponente della famiglia dei Ghisolfi, famiglia signorile legata fin da tempi remoti ai conti di Fucecchio (vedi: origini di Montespertoli). Una parte del castello era confluita, invece, nella mensa del presule di Volterra assieme alla vicina villa di Varna. Il diploma federiciano del 1164 conferma infine alla casata degli Alberti il possesso della quarta parte del castello di Catignano. A questa data, dunque, il famoso riconoscimento imperiale mette in evidenza gli estesi possessi che sullo scorcio del XII secolo gli Alberti avevano consolidato od acquisito nell’ultimo periodo in Val d’Elsa e in Val di Pesa. Il diploma del 1164 conferma agli Alberti, oltre a Catignano, i castelli di Certaldo, Castelfiorentino, Lucignano, Salivolpe, Pogni, Fondignano, Ripa, Dagole e Colle Val d’Elsa.
Nel giro di qualche decennio, tuttavia, la politica di espansione del comune di San Gimignano, oramai smarcatosi dall’antico signore (lo stesso vescovo di Volterra), cominciò ad erodere gran parte delle sue prerogative costringendo molti castelli vescovili della zona a fare atto di sottomissione. Durante tutto il Duecento a Catignano è documentata la presenza di personaggi probabilmente legati al vescovo – nobiles –, che sembrano garantire una certa autonomia al castello rispetto alle ingerenze sangimignanesi. Tuttavia non mancano elementi che attestano la dipendenza di Catignano dal comune di San Gimignano che andava formando, a quel tempo, il suo territorio di pertinenza. Nel 1267 gli uomini di Catignano furono costretti, infatti, a prestare le armi partecipando, su richiesta del comune sangimignanese, alla distruzione del castello di Ulignano. Alla fine del secolo XIII il castello di Catignano fu annesso al contado fiorentino. Durante il corso del Trecento, periodo denso di incursioni e saccheggi lungo tutta la Valdelsa, il castello di Catignano – così come la vicina villa di Varna – risultò particolarmente esposto alle conseguenze del passaggio di armati lungo il tracciato di crinale della via Francigena in sinistra d’Elsa. Nel 1313, ad esempio, venne ordinato alle milizie fiorentine che erano nella zona di neutralizzare tutti gli edifici sparsi per il territorio (case, capanne, fienili), che potevano essere utilizzati come base d’appoggio per il nemico. Al contrario si prescriveva la salvaguardia del castello di Catignano e della villa di Varna, oltre che del castello di Gambassi. I centri murati o comunque accentrati erano considerati ancora punti di rifugio per la popolazione, in caso di pericolo.
Negli ultimi anni il sito è stato oggetto di un progetto specifico a cura dell’area di Archeologia Medievale dell’Università di Siena. Gli obiettivi, oltre alla ricostruzione delle fasi di vita del castello e quindi delle dinamiche insediative di questa parte della Valdelsa, sono anche lo studio delle officine vetrarie e dell’ambiente produttivo del piccolo centro. Le indagini archeologiche hanno rimesso in luce i resti del castrum, localizzato alle spalle della piccola cappella di San Martino. L’ultima trasformazione dell’antico castello cadolingio (edifici in pietra), che viene riconvertito in resede rurale come centro poderale (riuso di strutture precedenti, edifici nuovi in laterizio), dovrebbe coincidere con il complesso edilizio disegnato da Leonardo. La forma rappresentata da Leonardo, quella di un piccolo centro murato, suggerisce che Catignano possedesse, ancora ai primi del Cinquecento, la fisionomia di un piccolo castello.
A cura di
Silvia Leporatti
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