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Certaldo Alto

Certaldo è uno dei castelli della Valdelsa che conserva l’aspetto che aveva raggiunto alla fine del Basso Medioevo. È in questa forma che Leonardo lo disegna in una delle sue mappe più famose, la grande veduta a volo d’uccello della collezione Windsor Castle RL 12278. In questa grande carta Leonardo rappresenta l’intero sistema degli affluenti di sinistra del Medio Valdarno con la mappatura dei castelli dal valore strategico superiore nel quadro del tempo. Fra questi si vede il profilo turrito del castello di Certaldo. Le sue origini risalgono almeno alla seconda metà del XII secolo, quando il fascio di strade della Francigena si era spostato sulla destra dell’Elsa rispetto al tracciato più antico che, come noto, passava da San Gimignano e la pieve di Chianni, sulle colline in sinistra d’Elsa.

La più antica attestazione del castello è del 1164, il privilegio imperiale con cui Federico Barbarossa conferma al conte Alberto di Prato tutti i suoi diritti e possessi. Fra questi, i castelli valdelsani di Pogni, Salivolpe e Certaldo. La famiglia comitale aveva cominciato ad espandersi in Valdelsa almeno dai primi decenni del secolo, in evidente conflitto con la città di Firenze che mirava ad allargare i confini del proprio comitato anche in questa zona. I primi conflitti fra gli Alberti e Firenze si concretizzano già durante l’ultimo quarto del secolo XII quando la città impone ai conti di distruggere il castello di Pogni e tutte le torri di Certaldo, con divieto assoluto di riedificazione. Il conflitto culminò, come noto, nel 1202 con la distruzione del nuovo centro murato degli Alberti, la mitica Semifonte. È possibile che all’indomani della cancellazione del nuovo centro una parte della popolazione sia confluita nel vicino castello di Certaldo ancora formalmente in mano alla casata comitale. Nella canonica di San Iacopo a Certaldo si conserva una lapide che ricorda un personaggio di Semifonte di alto livello che probabilmente era venuto ad abitare a Certaldo dopo la distruzione della nuova fondazione degli Alberti.
Dopo la guerra di Semifonte Certaldo entrò progressivamente nell’orbita fiorentina fino alla definitiva sottomissione avvenuta alla fine del Duecento. Nella prima metà del secolo si registra una fase di crescita demografica dovuta in parte, forse, proprio all’arrivo dei nuclei familiari provenienti dal centro albertingo cancellato da Firenze. È in questa fase che si deve collocare anche lo sviluppo dell’abitato, con la crescita del borgo all’esterno del nucleo più antico, che sarà cinto di mura nel XIV secolo. Tuttavia, nonostante lo sviluppo demico dei secoli XIII e XIV che arriverà, alla vigilia della peste, ad una popolazione di circa 1200 abitanti, Certaldo non decollerà mai dal punto di vista economico come accadde invece per altri centri della Valdelsa. Probabilmente Certaldo, seppure innestata sull’importante direttrice della Francigena, non si trovava all’incrocio con strade interregionali come invece avveniva per Castelfiorentino e Poggibonsi che riuscirono così a sviluppare importanti mercati. Certaldo si fermò ad una economia di tipo agricolo e ad una attività artigianale limitata al consumo locale.
Il centro storico di Certaldo è stato recuperato dopo le distruzioni del secondo conflitto bellico del Novecento che causarono gravi danni a diversi edifici storici fra cui anche alla Casa del Boccaccio. Si conserva tuttavia l’impianto del castrum della fase albertinga e della successiva fortificazione del borgo sviluppatosi nel corso del Due-Trecento. Il nucleo più antico del castello è riconoscibile nella parte più alta del rilievo, dominato dalla mole del Palazzo Pretorio che si ritiene si sia sviluppato sull’impianto della fortificazione comitale. Un elemento certo della topografia più antica del castello albertingo è la chiesa dei Santi Tommaso e Prospero, interamente realizzata in laterizi, che è possibile datare con precisione ad un arco di tempo stretto fra la fine del XII secolo e i primi del successivo grazie all’inserzione in facciata di bacini ceramici d’importazione. All’esterno, lungo il percorso che parte dal palazzo Pretorio e porta oggi il nome di via Boccaccio, si trovava già nella seconda metà del XII secolo la chiesa dei Santi Jacopo e Filippo, interamente realizzata in laterizi. Il lato lungo sud si apriva sulla strada con due portali di accesso. Sulla parte absidale, perfettamente conservata, si apre una monofora cruciforme affiancata da aperture romboidali con cornici incassate ottenute dalla semplice disposizione dei laterizi con cui è realizzato il paramento. La strada prenderà il nome di via de Burgo, ed andrà a costituire l’asse della crescita urbana di XIII-XIV secolo. Lungo la via del borgo sono disposti alcuni edifici residenziali dallo spiccato carattere verticale come la torre del complesso di Palazzo Machiavelli. Le medesime tipologie abitative si trovano anche nella parte più antica del castello, lungo l’attuale via del Rivellino, come la torre dei Lucardesi. Oltre alla porta di accesso meridionale del castello più antico (poi detta porta del Rivellino), sulle nuove mura che nel corso del XIV secolo andarono a circondare il borgo esterno si aprivano due porte, la porta del Sole e la porta degli Alberti, da cui usciva la strada del borgo. Quest’ultima conserva ancora l’archivolto con la forma originaria ad arco sestiacuto. Le mura nei pressi di porta degli Alberti conservano in parte il coronamento in aggetto di XIV secolo (bertesche). Leonardo disegnò Certaldo nelle forme raggiunte dal castello nel XIV secolo, al tempo della massima espansione demografica. Nella famosa mappa in cui delinea il sistema di castelli della Valdelsa si riconosce il profilo di Certaldo, rappresentato come un castello circondato da mura e dotato di torri. Fra queste sicuramente non era compreso il bastione semicircolare mediceo realizzato successivamente alla mappa leonardiana (RL 12278) che, come noto, è stata realizzata nel 1503.
Nella chiesa dei Santi Jacopo e Filippo si trova sulla parete sinistra il monumento funebre realizzato per onorare Giovanni Boccaccio, sepolto nel cimitero di quella chiesa. Gli elementi che compongono il cenotafio, un ritratto marmoreo del poeta, un’epigrafe commemorativa con epitaffio e l’arme della famiglia, sono opera di una stessa mano. Furono commissionati allo scultore fiorentino Giovanfrancesco Rustici nel 1503. Anzi, sappiamo che si trattava della seconda metà dell’anno, poiché è certo che l’opera fu ordinata dal vicario di Certaldo, il fiorentino Lattanzio Tedaldi, che entrò in carica nel secondo semestre del 1503. Le circostanze che videro la realizzazione del cenotafio di Boccaccio legano, oltre che artista e committente –il Rustici e il vicario Tedaldi- anche la figura di Leonardo. Due anni prima, al principio del 1500, Leonardo è a Firenze dopo un’assenza molto lunga, un periodo di tempo trascorso soprattutto alla corte ducale di Milano. Nuovamente in città Leonardo sistema il suo studio presso il convento dei Serviti della Santissima Annunziata. In quel momento anche Giovanfrancesco Rustici prende in affitto una bottega in quella zona, in via dei Servi. E lo stesso Lattanzio Tedaldi, che al principio del 1500 era ancora a Firenze, abitava nella medesima zona. Lattanzio Tedaldi apparteneva ad una delle famiglie del ceto più elevato della città. Personaggio sicuramente aggiornato e presente nel dibattito filosofico e letterario del tempo, è ricordato spesso fra gli intellettuali vicini al Ficino e al poeta Filippo Buonaccorsi. Leonardo doveva conoscere Lattanzio Tedaldi se scrive il suo nome ben tre volte in tre differenti liste-promemoria che redasse quando ancora si trovava alla Santissima Annunziata: Codice Atlantico, f. 331r.; Codice Arundel, 191r.; RL 12675v. L’ultima carta con il nome di Lattanzio Tedaldi è il verso di uno dei disegni del sistema idrografico del fiume Streda, presso Vinci, dove Leonardo aveva progettato di realizzare un invaso artificiale nel luogo chiamato oggi Serravalle. Sempre in una delle liste-promemoria, quella del Codice Arundel, si trova un altro riferimento al territorio di Vinci: quando Leonardo annota “la valuta del Botro”, si riferisce probabilmente al podere di proprietà del padre Ser Piero che si trovava nel popolo di Santa Croce, sempre nella stessa zona interessata del progetto leonardiano disegnato sul recto della carta RL 12675 prima ricordata, dove si trova il nome del Lattanzi. Dunque allo scoccare dell’anno 1501 i tre, il futuro vicario di Cerreto Lattanzio Tedaldi, il giovane scultore Rustici e Leonardo frequentavano le medesime vie del quartiere che circondava la Santissima Annunziata, una zona che di lì a poco divenne centrale per l’élite culturale della città. Le famiglie da Vinci e Rustici si conoscevano da tempo ed avevano auspicato la frequentazione dei due figli artisti. Il più giovane, Giovanfrancesco, formatosi nelle botteghe del Verrocchio e di Benedetto da Maiano, avrebbe potuto così avvalersi della scuola e dell’esperienza di Leonardo già famoso per l’impresa della sfortunata ma impressionante statua equestre progettata per il mai realizzato monumento sforzesco. Dalla nuova bottega di via dei Servi il giovane scultore aveva cominciato ad intessere una fitta rete di rapporti che andavano oltre l’ambiente dell’arte, allargandosi a notabili, letterati ed umanisti. È in questo quadro che si inserisce la sua prima importante commissione pubblica, quella che gli venne offerta dal nuovo vicario di Certaldo, Lattanzio Tedaldi, nel secondo semestre del 1503. Questa commissione fu determinante per la carriera di Gianfrancesco Rustici, che raggiungerà il culmine solo qualche anno dopo l’opera certaldese, con il suo capolavoro, la Predica del Battista. Il gruppo scultoreo gli fu commissionato nel 1506 e fuso alla fine del 1509 per essere infine innalzato sopra la porta Nord del Battistero nel 1511. Come racconta il Vasari, il giovane scultore non voleva “altri atorno che Lionardo da Vinci” per il prezioso aiuto che il maestro poteva dargli soprattutto al momento della fusione, che fu realizzata nel dicembre del 1509. I due effettivamente furono molto vicini l’anno precedente, nel 1508, quando Leonardo era di nuovo a Firenze ed abitava dov’era lo studio di Giovanfrancesco Rustici. I due erano già molto legati ma la solida amicizia che li univa era sbocciata proprio al tempo della commissione del monumento funebre certaldese in onore di Giovanni Boccaccio.
A cura di
Silvia Leporatti
Galleria fotografica
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