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Capraia

Il castello di Capraia è disegnato da Leonardo sulle pendici meridionali del Montalbano, nella mappa a volo d’uccello RL 12685 di Windsor che rappresenta nel dettaglio il tratto dell’Arno a ovest di Firenze. L’aspetto è quello di un poggio fortificato, cinto da una cortina muraria dotata di ben otto torri rompitratta. Le stesse particolarità si trovano nel meno noto disegno ricomposto dei fogli 765v-766r del Codice Atlantico, dove rappresenta, con un tratto di sanguigna, il profilo del Montalbano visto dalla curva dell’Arno, con il castello di Capraia sulla destra e quello in cui è forse riconoscibile parte di Montelupo sulla sinistra. Leonardo conosceva molto bene questi luoghi e la loro natura: rammenta Capraia e Montelupo in diversi passi delle sue osservazioni sull’origine delle formazioni geologiche del Valdarno Inferiore.

Capraia è ricordata per la prima volta nel 1090 e l’espressione utilizzata nel documento conferma che si trattava già di un centro fortificato: “caprariam oppidum”.  La menzione di un oppidum fa pensare che almeno dalla fine dell’XI secolo la località avesse la funzione di caposaldo militare funzionale al controllo dell’Arno e dei percorsi che collegavano le due sponde. La presenza, fra l’altro, di più di una struttura assistenziale collegata a questo luogo confermerebbe tale funzione. Il documento del 1090 rammenta, infatti, un hospitale presso l’oppidum di Capraia di proprietà della potente canonica di San Zenone a Pistoia, esplicitamente dedicato all’accoglienza di pellegrini e viandanti. A quel tempo, e precisamente nel 1105, il vescovado pistoiese possedeva nelle immediate vicinanze di Capraia una chiesa (cappella de Capraia), confermata anche nei secoli successivi. Il castello di Capraia sembra quindi collegato, fin dalle sue origini, ad un percorso pedecollinare che doveva collegare la città di Pistoia con il Valdarno Inferiore, e in particolare con i possessi della cattedrale di San Zeno nell’area di Greti. La zona di Greti, infatti, che occupa la parte mediana del versante del Montalbano allungandosi dalla Castellina fino a Cerreto Guidi, apparteneva fin dalle origini alla diocesi di Pistoia. Le pievi più orientali del distretto ecclesiastico pistoiese erano infatti quelle di Sant’Ansano in Greti e quella di Santa Maria a Limite.
Tuttavia dalla seconda metà del XII secolo sappiamo che il castello apparteneva ai conti Alberti. Capraia compare infatti fra i castelli valdarnesi confermati da Federico Barbarossa al conte Alberto IV nel famoso diploma del 1164. Il castello risulta ancora appartenere al ramo principale della famiglia comitale qualche decennio dopo, durante la guerra di Semifonte. Nel 1184 il conte Alberto IV dovette giurare a Firenze una pesante resa: fra le clausole, oltre all’atterramento delle difese dei castelli valdarnesi di Semifonte, Pogni e Certaldo, viene ratificata la cessione di una torre del castello di Capraia che i fiorentini avrebbero potuto utilizzare oppure radere al suolo a loro piacimento. La rupe sull’Arno su cui sorgeva Capraia risultava, al tempo, estremamente strategica per Firenze, intenzionata ad ampliare il proprio comitatus nella direzione di Pistoia e Lucca. Il confine del territorio fiorentino si attestava proprio in corrispondenza della stretta dell’Arno, dove si affacciavano i contrafforti del Montalbano su cui la città di Pistoia aveva già programmato, sul finire del secolo XII, il consolidamento del proprio distretto. Di lì a poco il castello di Capraia sarà conteso fra queste forze in campo, fino al definitivo assorbimento da parte della città di Firenze.
All’inizio del Duecento Capraia risulta già parte integrante del territorio che la città di Pistoia stava consolidando come proprio districtus. Le fonti ufficiali di parte pistoiese confermano l’impegno sostenuto da quella città per mantenere in efficienza il castello. Un testimone del tempo dichiara di aver lavorato proprio per il comune di Pistoia alla sistemazione delle difese di alcuni castelli del Montalbano fra cui anche quello di Capraia, luogo di notevole importanza strategica e punta avanzata del districtum pistoiese sul confine con Firenze. A Capraia, già castello albertingo, avevano preso stabile residenza il conte Guido Borgognone della stirpe degli Alberti, con i figli Rodolfo ed Anselmo. Questo ramo della famiglia aveva associato il titolo comitale proprio al piccolo castello valdarnese: erano i cosiddetti Conti di Capraia. Una serie di documenti dell’anno 1204 risultano particolarmente chiari nel descrivere l’importanza strategica di questo segmento dell’Arno e le forze che allora vi si contrapposero. In quel momento le mire espansionistiche di Firenze e di Pistoia si erano fermate sulle opposte rive dell’Arno dove si trovavano, uno di fronte all’altro, l’antica rocca albertinga di Capraia e il nuovo castello voluto da Firenze, Montelupo, allora in costruzione. Il primo documento del 1204 è a tutti gli effetti un patto di non belligeranza che vede da una parte i consoli fiorentini dall’altra i consoli pistoiesi, assieme ai conti di Capraia e agli abitanti stessi del castello. Ciascuna parte prometteva di non attaccare il castello della parte opposta, formalizzando, in buona sostanza, una linea di confine che veniva a coincidere, in quel punto, con il fiume Arno. La pressione fiorentina sulla riva sinistra, materializzatasi nella costruzione del nuovo castello, doveva aver sollecitato l’urgenza del sodalizio fra i conti di Capraia e il comune di Pistoia, intenzionato a difendere la punta più avanzata del suo distretto nel Valdarno Inferiore. Un secondo documento, sempre del medesimo anno, spiega nel dettaglio i termini di questo sodalizio. Si tratta del giuramento di reciproca difesa che avrebbe costituito, da allora in avanti, un impegno formale fra la città di Pistoia e i conti di Capraia. I consoli di Pistoia avrebbero difeso la famiglia comitale dal pericolo fiorentino chiedendo in cambio l’uso di una torre, probabilmente la stessa torre che qualche decennio prima, nel 1184, era stata rivendicata dai fiorentini al tempo della guerra di Semifonte. La torre di Guido Borgognone doveva rappresentare il punto forte del castello. I pistoiesi si impegnarono a restituirla al conte dopo la fine degli attriti con Firenze promettendo, fra l’altro, di non realizzare alcuna nuova fortificazione a Capraia che superasse l’altezza di quella torre. Dall’altra parte i conti promettevano di difendere i cittadini pistoiesi nella zona di loro competenza, il territorio castellano di Capraia, che tuttavia riconoscevano come parte del districtus di quella città. Non permetteranno in nessun modo –così dicono- che Pistoia perda il castello di Capraia né le sue fortitudines. Solo qualche mese dopo, però, la famiglia dei conti di Capraia cedette alle pressioni della città di Firenze: un nuovo patto avrebbe sancito il passaggio del castello e soprattutto della famosa torre del conte Guido Borgognone ai fiorentini. Finalmente Firenze avrebbe potuto disporre dell’importante punto strategico sulla riva sinistra dell’Arno. La comunità degli uomini di Capraia fu invece obbligata a pagare a Firenze la tassa che sanciva formalmente l’appartenenza al comitatus fiorentino. Tuttavia poco prima della metà del secolo il comune rurale di Capraia risulta censito ancora nel liber focorum del comune di Pistoia, ovvero il censimento dei capifamiglia della popolazione del distretto cittadino. Ma l’esiguo numero dei “fochi” registrati –solo cinque, poichè altri si erano spostati nel vicino centro di Castellina iusta Arni- sembra manifestare una situazione ancora poco definita della posizione di quella comunità rispetto ai territori controllati delle due città.
Quando nel 1249 le truppe imperiali, con gli alleati pisani, lucchesi e pistoiesi, si trovarono a muovere contro Firenze, il castello di Capraia assunse la funzione di roccaforte della resistenza fiorentina. I conti Rodolfo ed Anselmo di Capraia, che avevano capeggiato l’operazione di difesa per conto della città di Firenze, furono giustiziati a Napoli. Il piccolo castello valdarnese risulta quindi, nella seconda metà del Duecento, parte integrande del territorio fiorentino. Dopo l’acquisto da parte di Firenze dei castelli guidinghi della zona di Vinci questa parte del Montalbano, che anticamente prendeva il nome di Greti, entrò di regime nel quadro dell’amministrazione fiorentina. Nel 1332 Firenze modifica l’organizzazione dei governi periferici accorpando le leghe di Cerreto e Vinci con quella di Capraia e riunificando così tutte le comunità dell’antica Greti (Capraia, Vinci, Cerreto, Musignano, Colledipietra, Collegonzi, Linari, e Campostreda. La comunità di Capraia, come si deduce da fonti più tarde, doveva comprendere, oltre al popolo di Santo Stefano a Capraia, i popoli di S. Pietro a Bibbiano, S. Pietro a Castra, San Biagio alla Castellina, San Jacopo a Pulignano e il popolo della pieve di Santa Maria a Limite. Nel 1366 Capraia compare fra le fortezze che furono oggetto della ricognizione degli apparati difensivi da parte delle magistrature competenti. Nella relazione degli “Ufficiali delle castella” si fa menzione della torre di Capraia, probabilmente l’antica torre dei Conti di Capraia, più volte citata nei documenti del XIII secolo. Le mura difensive erano dotate almeno di due porte, una detta la porta di Sopra, probabilmente sulla parte settentrionale del castello, e una seconda porta detta Vecchia, con riferimento evidente all’esistenza di un più antico impianto difensivo. Le mura non versavano in buone condizioni, se veniva richiesta la realizzazione di steccati dove le mura erano cadenti, e il ripristino in più punti di camminamenti in legno, merli e parapetti. Le strutture castellane, che dovettero subire danni a seguito degli episodi di guerra durati almeno fino ai primi del Trecento, furono probabilmente restaurate e mantenute sotto il governo fiorentino. Ai primi de Cinquecento, infatti, Leonardo disegna Capraia come un castello ben munito.
Sono diverse le carte Leonardiane in cui compare Capraia. È ad esempio perfettamente riconoscibile dal toponimo nella mappa RL 12685 di Windsor che rappresenta nel dettaglio la valle inferiore dell’Arno e l’arco montuoso del Montalbano sopra il lago di Bientina e il padule di Fucecchio. Leonardo colloca Capraia sullo sperone meridionale del Montalbano, affacciata sull’Arno, di fronte a Montelupo. È rappresentata nella forma di un castello dotato di cinta muraria, dove si contano almeno otto torri rompitratta. Sia la stesura del chiaroscuro nella resa dello sperone roccioso che il tratto curvilineo su cui poggiano le torri del lato settentrionale della cortina difensiva sembrano essere tracciati con l’intenzione di rappresentare la morfologia del castello, arroccato in posizione strategica dopo la stretta della Gonfolina. La stessa forma dell’abitato, ma da un’angolazione diversa, la si ritrova nel disegno ricomposto nei fogli 765v-766r del Codice Atlantico, una sorta di skyline del massiccio del Montalbano sulla curva dell’Arno visto da Nord, con il castello di Capraia sulla destra e quello in cui è forse riconoscibile parte di Montelupo sulla sinistra. Leonardo doveva vedere Capraia ancora dotata delle strutture difensive del periodo precedente.
Il castello di Capraia ai tempi di Leonardo doveva essere ancora dotato dei principali elementi di difesa. Il governo fiorentino ne prescrisse, come visto, il ripristino delle difese che, all’occorrenza, proseguì anche dopo. L’aspetto del castello ai tempi di Leonardo è confermato da una carta dei Capitani di Parte Guelfa del popolo di santo Stefano di Capraia datata 1585-90. Si riconosce il castello di forma quadrangolare, circondato da poderose mura su cui si apre, sul lato meridionale, una porta ad arco. Un secondo accesso sembra collocato a settentrione, presso la chiesa castellana, forse la cosiddetta “porta di Sopra” rammentata nella relazione del 1366. Dalla parte opposta, invece, presso l’angolo che guarda nella direzione della valle dell’Arno, si riconosce un terzo accesso (postierla?) da cui parte un percorso gradinato che scende verso il fiume. L’abitato, sebbene cinto di mura, sembra solo parzialmente urbanizzato: nella porzione localizzata in prossimità della porta Sud si leggono, infatti, le specifiche dell’uso dello spazio ad “orto” e a “prato”. L’abitato attuale di Capraia conserva diverse tracce delle strutture fortificate del castello: erano realizzate in ciottoli di fiume solo sbozzati, disposti a filaretto, mentre le parti in materiale misto a laterizi si riferiscono alle numerose opere di restauro occorse alle difese durante il Basso Medioevo e la prima Età Moderna.

Le osservazioni scientifiche di Leonardo nel campo della geologia e della paleontologia si trovano soprattutto nel Codice Leicester e riguardano varie parti della Toscana. Diversi passi del codice riguardano proprio la zona di Capraia, dove Leonardo aveva osservato i conglomerati di origine plio-pleistocenica che chiamava “ghiare”. Leonardo, che dimostrava un livello di interpretazione del fenomeno di notevole acume rispetto alle scienze geologiche del suo tempo –ancora ferma alle teorie sul Diluvio Universale- illustra con grande chiarezza l’origine di quelle formazioni geologiche che chiama, sulla base delle dimensioni dei singoli inclusi, “ghiare”, “rene” e “fanghi”. Il movimento delle acque del mare che un tempo arrivava a lambire i versanti del Montalbano fino alla Gonfolina era la causa della formazione delle ghiaie e delle rene, frammenti di rocce portate in riva al mare valdarnese dai fiumi e resi tondeggianti, sebbene con nuclei di diverso calibro, dal moto di risacca. Questo si vede, secondo Leonardo, in diverse parti d’Italia, dalle Alpi comasche alla pianura padana e perfino nella Valle dell’Arno, sulle pendici del Montalbano, intorno a Montelupo e Capraia (Codice Leicester, 6A-31v.). Leonardo continua spiegando che l’Arno a quel tempo sfociava in mare all’altezza della Gonfolina depositando sui versanti del Montalbano i conglomerati di ciottoli e ghiaie: “come Arno, che cadea della Golfolina a presso a Monte Lupo, e quivi lasciava la ghiara, la quale ancor si vede che s’è insieme ricongielata”.

A cura di
Silvia Leporatti
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